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Costa Concordia, il comandante Schettino aspetta il verdetto di Appello nella sua casa di Meta

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Meta di Sorrento. Costa Concordia: aspetta nella sua casa di Meta di Sorrento il verdetto nella sentenza di appello. Francesco Schettino, il comandante della navae naufragata all’isola del Giglio non sarà a Firenze, domani mattina, quando i giudici della Corte d’Appello entreranno in camera di consiglio per scrivere la sentenza a suo carico. Schettino si porta dietro il fardello pesante della condanna a sedici anni di primo grado. Ma sul Comandante pesa ancor di più la richiesta della Procura generale a 27 anni di reclusione. A Meta, Schettino aspetta, da libero, il giudizio, sperando in una riforma del primo dispositivo, in una verità processuale che non schiacci solo sulla sua persona i 32 morti dopo l’urto della Concordia contro gli scogli: in questo senso ha cercato di orientare l’azione dei suoi difensori nel nuovo processo, gli avvocati partenopei Saverio Senese e Donato Laino. A Firenze – rispetto all’aula di Grosseto – si sono sentite più nette le critiche della difesa agli ufficiali della nave, che non lo avrebbero supportato adeguatamente in plancia, tra cui Ciro Ambrosio, Silvia Coronica, il cartografo Simone Canessa. La difesa ha provato a rimarcare anche la conseguenza sull’incidente dell’errore del timoniere indonesiano, Jacob Rusli Bin. La difesa in appello ha aperto la partita dell”incidente organizzativo’, un approccio forse tardivo rispetto al primo grado, dove questo aspetto – che può tirare in ballo la compagnia in modo più articolato – faticò a uscire e rimase sottotraccia. Temi che però nella valutazione del pubblico ministero non rilevano, non hanno caratteristiche di novità tali da far rivedere il giudizio. Nella sua requisitoria l’accusa ha mantenuto la sua linea ferma contro Schettino, ha sottolineato il disonore per la marina italiana riguardo all’abbandono della nave mentre c’erano ancora persone a bordo da sbarcare, ha ribadito che non ci sono state parole di scusa o di “pentimento”. Il pg Giancarlo Ferrucci, chiedendo i 27 anni di condanna, ha riproposto l’aggravante della ‘colpa cosciente’. 

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