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Napoli: i verbali del pentito Maurizio Overa dei Quartieri Spagnoli e le minacce di Ciro Mariano a Ciro Sarno: “Se vengo a sapere che a Montesano c’era qualcuno dei tuoi ti taglio la testa”

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maurizio overa due

Maurizio Overa, il pentito dei Quartieri Spagnoli, ex affiliato del famigerato clan Mariano “i Picuozzi” ha messo a verbale decine e decine di pagine. Sta in pratica raccontando la storia della camorra non solo del centro di Napoli ma tutte le alleanze, le logiche di divisone del territorio della città, gli imprenditori coinviolti nel riciclaggio, quelli estorti, i traffici illeciti. Una vera e propria Bibbia della Camorra napoletana da metà degli anni Ottanta fino al 2015. I verbali sono stati depositati al processo contro il clan Mariano dei Quartieri Spagnoli in seguito alla maxiretata del 18 settembre scorso che portò in carcere 44 persone e sotto processo in novanta. Il pentito parla anche della volontà di Marco Mariano di riorganizzare il vecchio clan appena scarcerato, delle tensioni con i Ricci, dell’agguato fallito e di come Ciro Mariano dava ordini dal penitenziario dov’è recluso. E soprattutto della minaccia lanciata a Ciro Sarno, all’indomani del raid del maggio 2009 alla Metropolitana di Montesanto nel quale fu ucciso per errore il musicista Petru: “Se so che ci stai tu in mezzo ti taglio la testa”.

IL RACCONTO DI MAURIZIO OVERA

“Faccio parte del clan Mariano dal 1986-1987, quando il capo era ancora Ciro Mariano detto “’o picuozzo”, da anni detenuto. All’epoca, insieme a Ciro, c’erano anche i due fratelli Marco e Salvatore che aveva- no comunque un ruolo apicale all’interno del clan. Nonostante negli anni ci sono state an- che delle incomprensioni, io sono sempre rimasto affiliato al clan Mariano. Inizialmente il mio ruolo all’interno del clan era quello di guardaspalle di Ciro e Marco Mariano poi successivamente sono entrato a far parte del gruppo capeggiato da Vincenzo Amato che gestiva per conto del clan Mariano la zona della Galleria Umberto occupandosi in particolare della gestione delle estorsioni. A tal proposito preciso che all epoca il clan Mariano era strutturato in tal modo sotto i capi che erano i tre che ho citato sopra cioè i tre fratelli Mariano e prevalentemente Ciro e Marco vi erano dei responsabili o capi zona individuati in Vincenzo Amato di cui ho detto sopra Vincenzo Romano per la zona di Montesanto, Salvatore Cardillo e Antonio Ranieri, che erano referenti per la zona di Sant’Anna di Palazzo, Vincenzo Pascucci e Raffaele Trongone, entrambi deceduti per la zona di Palazzo Ammendola, Rua Catalana e Orefici, Alfredo Mellone poi ucciso per la zona del Mercato. All’epoca i Mazzarella non avevano alcun controllo della zona perché comandavamo noi del clan Mariano. Lo stesso valeva per la zona delle Case Nuove dove erano referenti per Ciro Mariano tale Peppe “basetta” e “Peppe ’o navigante”. Fino alle metà degli anni Novanta il clan Mariano era assolutamente il clan più forte di Napoli grazie soprattutto all’alleanza con il clan Licciardi di Secondigliano…”

LA RIORGANIZZAZIONE DOPO LA SCARCERAZIONE DI MARCO MARIANO

“…Dopo lunghi anni di detenzione fu scarcerato anche il boss Marco Mariano. Nel 2009 io ero sottoposto alla sorveglianza speciale e fui contattato da Paolo Mastracchio, un affiliato al clan Mariano che tra l’altro è il cognato di Salvatore Mariano figlio di Ciro. Paolo Mastracchio mi accompagnò con un scooter a Fuorigrotta, fuori la multisala cinematografica “Med” dove incontrammo il boss Marco Mariano. Entrambi eravamo usciti da po-
co dal carcere ma Marco Mariano ben sapeva della mia disponibilità ad affiancarlo di nuovo per ricostruire il clan. In quella occasione Marco mi disse che intendeva guardarsi intorno in quanto aveva trovato ai quartieri e nelle altre zone di Napoli una situazione molto diversa da quella che aveva lasciato. In particolare all epoca ai Quartieri comandavano i Ricci il cui capo era “Giacumino ’e fraulella” alias Enrico Ricci e i due figli. Genny e Marco anche se in più occasioni avevamo capito che in realtà era la moglie di “fraulella” a nome Patrizia a prendere le decisioni. Dico questo perché quando in passato avevamo rapporti con “Giacumino ’e fraulella”, vecchio affiliato al clan Mariano dopo aver parlato con lui degli affari illeciti, spesso lui cambiava idea dopo essere rientrato in casa ed aver parlato con la moglie. In quel momento nel 2009 Ricci era particolarmente legato al clan Sarno di Ponticelli grazie ai suoi legami di parentela con D’Amico Antonio e Giuseppe D’Amico, detti anche loro “’e fraulella”. Questi ultimi si affiliarono ai Sarno grazie al mio intervento con “Giò Giò” uno dei fratelli Sarno al quale io dissi che erano due bravi ragazzi ed abitavano nella Zona del Conocal di Ponticelli. Solo nel 2004, quando sono uscito dal carcere venni a sapere che i D’Amico erano diventati un gruppo potente sempre facente capo ai Sarno…”.

LA GUERRA CON IL CLAN RICCI E LA MEDIAZIONE DI CIRO MARIANO DAL CARCERE

«In quel periodo, nell’aprile-maggio del 2009 Marco Mariano si spostò a Brusciano, dove era comunque sottoposto se non ricordo male sia alla libertà vigilata che alla sorveglianza speciale. All’epoca ebbe la disponibilità della nipote della mo- glie e del marito di questa Um- berto Frattini entrambi indagati con me nel procedimento n. 2007/ 2010 modello 21. A mio parete il Frattini sfruttò la situazione ed in particolar modo il nome di Marco Mariano per svolgere la sua attività illecita nel settore della contraffazione dove operava da anni. Sia Frattini che la moglie nel periodo suc- cessivo al 2009 hanno usufruito di molti benefici all’interno del clan e quindi possono essere considerati a pieno titolo affiliati ai Mariano. Preciso che spesso appare difficile operare una demarcazione tra affiliati veri e propri e soggetti aventi legami di parentela con la famiglia Mariano. In quel periodo noi sapevamo di essere nel mirino dei Sarno e specificamente di Vincenzo Sarno che aveva mire espansionistiche molto grandi e non teneva conto del fatto che il fratello Ciro Sarno detto il sindaco aveva ottimi rapporti con Ciro Mariano in quanto erano entrambi detenuti a Spoleto ed erano amici da vecchia data. Ciro Mariano fu informato in carcere di questa situazione e ci invitò a contattare una persona molto nota a Napoli che era solito fare da paciere tra i clan, ovvero Carmine Montescuro alias “’o menuzz”. Si tratta di un vecchio pregiudicato che aveva rappor- ti con vari clan e che aveva il modo di prelevare i soldi delle estorsioni all’interno del Porto di Napoli per conto dei clan Contini e Mazzarella. Noi ci recammo dai Sarno, a casa di “Enzuccio ’o puorco”, un affiliato al clan Sarno nella zona di Ponticelli, in via Bartolo Longo sia io che Marco Mariano accompagnati da Antonio Ricci detto “fe fe” altro nostro affiliato. Nel corso di questi incontri ci veniva proposto di dividere il controllo delle attività illecite nella zona dei Quartieri al 50 per cento tra noi e i Ricci. Quello era solo un pretesto per prendere tempo in quanto era chiara l’intenzione di assicurarsi il controllo totale della zona dei Quartieri Spagnoli e del Centro di Napoli. Noi stessi per altro consideravamo quella proposta un affronto e comprendevamo che per noi c’era una situazione di pericolo…”

LA SPARATORIA DI MONTESANTO E LA FINTA PACE CON I “FRAULELLA”

“…Dopo l’omicidio di Petru la situazione è diventata pesante. Il giorno dell’agguato Marco Mariano inviò all’incontro con i Sarno una persona di famiglia a nome Francesco Mauro soprannominato Cicciariello zio della moglie di Marco Mariano junior detto marchetiello. Questa persona fu inviata sempre per mettere pace tra noi e i Ricci-Sarno. Fu mandato insieme ad un altro pregiudicato delle Case Nuove di cui non ricordo il nome. Nonostante queste de persone erano andate all incontro in pace Antonio D’Amico detto “fraulella” insieme al figlio di Giuseppe Sarno e al figlio di “Giacumino ’e fraulel- la” a nome Genny Ricci organizzò la spedizione armata nella zona di Montesanto in quanto temeva che in caso di una tregua tra noi e i Ricci ai Quartieri loro avrebbero perso terreno in nostro favore. Io non so se Vincenzo Sarno era a conoscenza di questa decisione ma suppongo di sì in quanto Antonio D’Amico non avrebbe mai preso una decisione del genere senza averla comunicata al capo…La zona di Montesanto nella quale fu organizzata la spedizione armata era quella abitualmente frequentata dalla fa- miglia Mariano e in particolare ci abitano Salvatore e Fabio Mariano figli di Ciro. Io non so se l’obiettivo era quello di uccidere uno di noi ma sicuramente se ci avessero individuati ci avrebbero ucciso. Io stesso ero a bordo della mia auto con la mia convivente nella zona dei Quartieri Spagnoli dove c’è la Rinascente e vedemmo passare due ragazzi a bordo di uno scooter ed uno di essi impugnava una pistola ma non riconobbi nessuno la sera incontrammo Mauro alias “cicciariello” e l’altra persona delle Case Nuove i quali ci dissero di non sapere nulla della sparatoria in quanto si erano recati all’incontro sia io che Marco Mariano gli dicemmo che gli credevamo e che se erano altre persone li avremmo uccisi. Successivamente noi fummo favoriti sostanzialmente dal pentimento di Giuseppe Sarno e dal blitz che fu condotto dalla magistratura e dalle forze dell’ordine nei confronti dei Sarno e dei Ricci. Più volte infatti abbiamo commentato con Marco Mariano che la nostra salvezza è stato l’intervento delle forze dell’ordine…”

LE MINACCE DI CIRO MARIANO A CIRO SARNO: “SE CI SEI TU, TI TAGLIO LA TESTA”.

“…Ciro Mariano venne a sapere sempre tutto quello che accadeva fuori sia ai colloqui sia quando telefonava ai suoi familiari dal carcere. Io stesso mi sono trovato a casa della moglie di Ciro Mariano dove accompagnavo Marco Mariano il boss per parlare al telefono con Ciro e in alcune occasioni io stesso ho salutato Ciro al telefono. Ciro Mariano venne a sapere di quello che era accaduto a Montesanto ed in particolare del gioco sporco nei nostri confronti da parte dei Sarno e dei Ricci. In occasione di un colloquio in carcere fu uno dei figli di Ciro ora non ricordo bene chi a raccontarmi che il “Picuozzo” aveva minacciato Ciro Sarno davanti a lui dicendogli testualmente: ‘se vengo a sapere che a Montesano c’era qualcuno dei tuoi ti taglio la testa’… Non so se il colloquio è avvenuto…”.

(nella foto il pentito Maurizio Overa)

 


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