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Channel: Cronache della Campania
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Napoli: è partito “Made in Scampia news”, il primo Tg delle buone notizie dell’area Nord

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maddalena stornaiuolo

Scampia non è solo “Gomorra” e  grazie un gruppo di ragazzi, sostenuti da un’emittente privata locale,  che si realizza “Made in Scampia news”, il telegiornale delle buone notizie. La prima puntata ieri alle 14,30 sul canale 645 del digitale terrestre. Un appuntamento settimanale, poi replicato tutti i giorni alla stessa ora su Tv Campane 1, alle 19 invece su Tv Campane 2 (canale 875), e visibile in streaming su tvcampane.it oppure online attraverso l’omonimo canale YouTube. Euforia e aspettative al debutto in onda del tg, da parte di chi abita la soglia del luogo comune e dell’emarginazione sociale. “Racconteremo solo ed esclusivamente belle notizie dell’area nord – ha spiegato al quotidiano il Mattino l’ideatore Rosario Esposito La Rossa, che è anche amministratore della casa editrice Marotta&Cafiero-.Scampia è famosa per fatti negativi che hanno un’eco enorme, il bello è poco pubblicizzato, resta nell’ombra. Gli stessi abitanti del territorio, che leggono i giornali e guardano la tv, spesso non sanno che in questo quartiere esistono realtà e sinergie positive”.A condurre il tg, che dura una trentina di minuti, Maddalena Stornaiuolo, moglie Rosario e presidente di Voci di Scampia, l’associazione che da tre anni anima il progetto Made in Scampia, un marchio di contrasto alla criminalità organizzata che produce miele, birra, riso, vino, ma anche spettacoli teatrali e turismo responsabile rivolto alle scuole. “Le buone notizie- ha spiegat sempre  Rosario- le recuperiamo  attraverso una rete messa in piedi sul territorio e costituita da istituzioni, associazioni e semplici cittadini che possono rivolgersi a noi tramite una mail di riferimento”.La redazione, formata da 12 ragazzi tutti di Scampia e under 30, avrà il compito di smistarle o andare sul posto per le interviste.  Il telegiornale è diviso in tre parti: le buone notizie dall’area nord, i protagonisti positivi di Scampia ospiti in studio e l’agenda con gli appuntamenti del territorio. I temi della prima puntata di ieri hanno spaziato dallo stadio in via Hugo Pratt intitolato alla vittima innocente di camorra Antonio Landieri, mentre l’auditorium a Fabrizio De André, alle storie di Anna Carrasco, campionessa mondiale di tiro con l’arco categoria juniores, di Vincenzo Monfregola presidente del Centro insieme e di Antonio Piccolo della scuola di calcio ArciScampia che festeggia i trent’anni dalla fondazione.

(nela foto la conduttrice del tg Maddalena Stornaiuolo)

 


Castellammare: morte del 19enne, l’amico che guidava la moto indagato per omicidio stradale

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striscione francesco ok

Come atto dovuto la Procura della Repubblica di Torre Annunziata ha iscritto nel registro degli indagati Salvatore G., il giovane 24enne stabiese che era alla guida della potente Yamaha 900 in sella alla quale si trovava anche il 19enne Francesco Scarpato che domenica pomeriggio ha perso la vita a causa di un terribile incidente stradale in via Annunziatella. Il giovane, che si trova ricoverato all’ospedale con un trauma cranico giudicato guaribile in 1o giorni, risponde di omicidio stradale, il nuovo reato entrato in vigore da qualche mese. Gli agenti della polizia municipale stabiese che stanno conducendo le indagini stanno visionando le riprese di alcune telecamere degli esercizi commerciali posti lungo la strada visto che quella zona non è servita dalla videosorveglianza comunale. Il 24 enne dovrà spiegare agli investigatori come e perchè c’è stato l’impatto che ha causato l’incidente e la morte del suo amico. La procura di Torre Annunziata non ha ancora disposto l’autopsia e intanto ieri sul sagrato della chiesa dell’Annunziatella, rione d’origine dei due giovani , è comparso uno striscione con la foto di Francesco Scarpato e la frase del cantante Jim Morrison dei mitici Doors, morto nel 1971 che recita:“Sono nato piangendo, mentre altri ridevano ma morirò ridendo mentre altri piangeranno”. Intanto la sua bacheca facebook continua ad essere inondata di messagi e di ricordi di amici e conoscenti.

Nocera, tensione al processo contro Nobile Izzo il serial killer delle prostitute

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combo nobile izzook

“Voglio guardare in faccia l’assassino di mia madre”: un grido si è levato dall’aula dove, ieri mattina si stava celebrando l’udienza preliminare, a carico di Nobile Izzo, il presunto assassino di Santina Rizzo e Maria Ambra, le due prostitute uccise il 13 febbraio 2010 e il 30 maggio 2014. A gridare una delle figlie di Maria Ambra, a conclusione dell’udienza preliminare nella quale si è deciso di rinviare per dare incarico ad un perito di valutare le condizioni di Nobile Izzo. Presente in aula il presunto serial killer, detenuto dallo scorso anno, assistito dall’avvocato Andrea Vagito. In aula anche i parenti, figli e nipoti delle due donne uccise a distanza di quattro anni. E quando il Gup Luigi Levita ha chiesto: “Cosa chiedono le parti civili?” dalla platea si è levato il grido “Giustizia”. In realtà, solo alcuni dei parenti si sono costituiti parte civile. In primis il figlio di Santina Rizzo, Luigi, assistito dall’avvocato Alessandro Laudisio e Fabio Carusone, e poi due dei nipoti di Maria Ambra. Il difensore di Nobile Izzo, il 53enne nocerino, ritenuto l’assassino seriale delle due donne ha chiesto al Gup di accedere al rito abbreviato, rito condizionato da una perizia psichiatrica sulla capacità di intendere e volere al momento della commissione del fatto, qualora sia stato lui a commettere gli omicidi. Nonostante le confuse ammissioni di Nobile Izzo, la difesa continua a mettere in dubbio che il tappezziere nocerino non sia responsabile dei due omicidi. Anche ieri mattina, il 53enne, è apparso confuso, quasi assente. Il Gup Levita ha accolto la richiesta della difesa ed ha disposto una perizia psichiatrica, incentrata sulla capacità di intendere e volere, dell’imputato, affidata al perito Corrado De Rosa. Nel corso delle indagini, coordinate dal pm Giuseppe Cacciapuoti, il medico psichiatra Tito De Marinis aveva concluso, nella perizia disposta dal difensore, che Nobile Izzo era totalmente incapace di intendere e volere al momento della commissione del fatto. Il processo è stato rinviato a maggio prossimo quando l’esperto nominato dal Tribunale dovrà depositare a relazione psichiatrica sull’imputato. L’uomo è accusato di omicidio volontario e vilipendio di cadavere, in tutte e due le occasioni dopo aver ucciso si è accanito sulle vittime. Entrambe le donne erano note per la loro attività di prostitute. Santina Rizzo, 63 anni e Maria Ambra, 74 anni, furono trucidate a distanza di 4 anni a Nocera Superiore. Una vicenda terribile.(ro.fe.)

Il boss Lo Russo difende la moglie davanti al gip: “Non c’entra niente”

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La moglie Anna Serino

Solo dichiarazioni spontanee da parte dei boss Carlo Lo Russo e della moglie Anna Serino, arrestati insieme al presunto killer Luigi Cutarelli e al fiancheggiatore Mariano Torre per l’omicidio di Pasquale Izzi avvenuto il 28 marzo scorso in via Janfolla sotto casa del boss. Non hanno voluto rispondere alle domande del gip  Francesca Ferri durante l’udienza di convalida di ieri. Ma il boss ha voluto dire: “Mia moglie non c’entra niente con la morte di Pasquale Izzi”. I quattro rimangono in carcere mentre è ancora ricercato il nipote della donna Domenico Cerasuolo detto “Nico” accusato di essere l’altro fiancheggiatore che ha aiutato i killer subito dopo l’agguato. Gli investigatori, grazie alle intercettazioni ambientali, non solo hanno potuto fare luce sull’omicidio per vendetta del rapinatore seriale Pasquale Izzi, ma stanno anche ricostruendo  tutti i personaggi del gruppo criminale che ruota attorno al boss dei “Capitoni” di Miano. L’indagine è molto più vasta e riguarda an che altri delitti compiuti nella zona di Miano  ma anche al rione Sanità.

Napoli: l’ex boss ora pentito Giuseppe Misso ‘o nasone accusa in aula: ” Di Franco fu ucciso da Emanuele Sibilio”

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combo omicidio di franco ok

Colpo di scena durante l’udienza relativa all’omicidio di Massimiliano Di Franco, ucciso il 26 febbraio 2014 a Porta San Gennaro.  L’ex boss pentito del rione Sanità, Giuseppe Misso, ” ‘o nasone” ha scagionato il presunto killer Alessandro Riccio affermando che ad eseguire l’omicidio fu Emanuele Sibilio, a sua volta ucciso  in una sparatoria in via Oronzio Costa il 2 luglio del 2015. “Collabora con la giustizia, smettila con questa vita”, ha detto Misso ieri dalla località protetta collegato in videoconferenza rivolegendosi al giovane Alessandro Riccio. E poi ha spiegato: “Ucciderlo è stata una vigliaccata…Li conosco tutti, gli zii e suo padre. Lui – dice parlando dell’imputato – non lo conosco personalmente. So che stava con i Sibillo-Giuliano. L’ho saputo chiedendo a un po’ di persone del posto ma non vi dirò chi sono perché, visti i tempi, sarebbe come condannarli a morte…Quando seppi che Di Franco era stato ucciso, presi informazioni e venni a sapere che i responsabili erano della paranza dei Sibillo, che sono legati ai Giuliano e ai Savarese. E scrissi una lettera al pm Woodcock pensando che fosse mio dovere riferire alla Procura quello che avevo saputo. Prima non c’era questa immondizia. Prima non c’era tutto questo. Hanno versato e fatto versare sangue inutile, sangue innocente. Stanno facendo quello che hanno fatto anche i miei nipoti. Pentitevi, abbandonate questa brutta strada. Io ragiono da malavitoso e dico che a Di Franco fu fatta la proposta di vendere droga a Porta San Gennaro per tastare il polso. Lui rifiutò e fu ucciso. Ma che pericolo rappresentava? Non dovevano farlo. Ammazzarlo è stata una vigliaccata”. Secondo gli investigatori Di Franco, ex del clan Misso, sarebbe stato giustiziato perché si era rifiutato di spacciare per i Sibillo. La vittima era stata scarcerata nel 2012, stava lavorando a Venezia in una ditta di impiantistica ed era tornato a Napoli il 20 gennaio 2015 soltanto perché la moglie stava per partorire. Anche la donna si era trasferita in Veneto con lui, a dimostrazione che probabilmente il pregiudicato voleva cambiare vita. Ma non ci riuscì perché fu ucciso vicono a un’edicola votiva a porta San Gennaro. L’udineza di ieri ha riservato però un altro colpo di scena: so- no stati ascoltati i due ragazzi che caricarono il corpo di Di Franco su un motorino per trasportarlo velocemente in ospedale. Quest’ultimi hanno affermato che sul luogo del delitto non era presente la moglie delle vittima che invece aveva raccontato agli inqurenti che il marito subito dopo essere stato colpito a morte le aveva detto che era stato Alessandro Riccio ad ucciderlo.

(nella foto il luogo dell’omicidio di Franco e nei riquadri a partire da sinistra la vittima Massimiliano Di Franco, il baby boss Emanuele Sibilio ucciso in una spratoria nel 2015 e il boss pentito Giuseppe Misso ‘o nasone)

Arrestato ad Avellino un corriere della droga di Calvizzano: aveva 51 chilogrammi di hascisc nascosti in auto

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hascisc sequestrato

 I carabinieri della Compagnia di Avellino hanno sequestrato 51 kg di hashish e arrestato il “corriere”, un 35enne di Calvizzano. L’uomo è stato fermato alla guida di un pick up all’uscita del casello di Avellino ovest dell’autostrada A16 Napoli-Canosa. In un doppio fondo ricavato sotto il cassone dell’auto, erano stati nascosti 510 panetti di hashish da 100 grammi ognuno. Decisivo l’intervento di Pirat, un cane pastore tedesco in forza all’Unità cinofila dei carabinieri di Sarno (Salerno), che grazie al suo fiuto ha consentito ai militari di scoprire il carico, dal quale sarebbero state ricavate oltre 300 mila dosi per un valore tra gli 800 mila e 1 milione e mezzo di euro. L’uomo è stato trasferito nel carcere avellinese di Bellizzi.

Benevento: arrestato custode di una villa per ricevimenti. Nascondeva 600 grammi di cocaina

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carabinieri

 Armi, droga e denaro sono stati sequestrati dai Carabinieri di Benevento che hanno arrestato in flagranza di reato un 50enne di Benevento per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, ricettazione e detenzione abusiva di armi comuni da sparo e materiale esplodente.Le indagini condotte dai militari dell’Arma e coordinate dalla procura di Benevento sono culminate nell’esecuzione di un decreto di perquisizione personale e locale in una lussuosa villa in via di Pace Vecchia a Benevento, adibita a struttura per ricevimenti, dove l’uomo presta mansioni di custode. Le perquisizioni, condotte anche con l’utilizzo di unità cinofile dei Carabinieri, hanno consentito di trovare e sequestrare 600 grammi di cocaina, materiale utilizzato per il confezionamento delle dosi di stupefacente, una pistola Beretta calibro 6.35 risultata rubata a Benevento nel 2007 con relativo munizionamento, una pistola Beretta calibro 7.65 su cui saranno eseguiti ulteriori accertamenti, 210 euro in banconote di vario taglio e una bomba carta. L’uomo è stato portato nel carcere di Secondigliano.

Omicidio Ciro Esposito, la Procura di Roma chiede l’ergastolo per De Santis e lui urla in aula: “Siete dei buffoni, l’ergastolo me lo dò da solo”

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La Procura di Roma ha chiesto l’ergastolo per Daniele De Santis, l’ultrà giallorosso accusato dell’omicidio di Ciro Esposito, ferito gravemente il 3 maggio 2014 poco prima della finale di Coppa Italia tra Fiorentina e Napoli e morto dopo un’agonia di 53 giorni. Il pm Eugenio Albamonte e Antonino Di Maio hanno, inoltre, sollecitato una condanna a tre anni per gli altri due imputati, Gennaro Fioretti e Alfonso Esposito, tifosi del Napoli e accusati di rissa aggravata. I due facevano parte del gruppo che con Ciro Esposito si avventarono contro De Santis nella zona di viale di Tor di Quinto.  “L’ergastolo me lo do da solo, non me lo date voi. Non ho paura di morire, buffoni”. Sono le parole urlate da Daniele De Santis, accusato dell’omicidio di Ciro Esposito, mentre veniva portato fuori dall’aula bunker di Rebibbia dove i pm hanno chiesto l’ergastolo nei suoi confronti. L’ultrà giallorosso ha seguito l’udienza su una barella a causa delle ferite ad una gamba riportate nel corso degli scontri avvenuti due anni fa nel prepartita della finale di coppa Italia tra Napoli e Fiorentina.


Afragola, aveva tentato di rapinare un’insegnante all’uscita di scuola: arrestato 36enne

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Aveva tentato di rapinare un’insegnante nel parcheggio della scuola, minacciandola di ucciderla se avesse strillato. Un 36enne originario di Afragola  è stato arrestato dai Carabinieri di Santa Maria a Vico (Caserta) in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare degli arresti domiciliari per il reato di rapina in concorso e lesioni. Secondo le indagini coordinate dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, il 36enne aveva aggredito l’insegnante quando quest’ultima era entrata nella sua auto nel parcheggio della scuola “Vittorio Bachelet” di Santa Maria a Vico. Nel tentativo di portarle via la collana, l’uomo le aveva urlato: “Stai zitta, non strillare, se strilli ti ammazzo”. La donna era riuscita ad attirare l’attenzione dei dipendenti della scuola e degli alunni suonando il clacson, costringendo il rapinatore a scappare a bordo di un’auto guidata da un complice. L’insegnante, curata al pronto soccorso dell’ospedale di Maddaloni, è stata giudicata guaribile in 5 giorni per escoriazioni al collo. Il 36enne è stato sottoposto agli arresti domiciliari mentre il complice è stato deferito.

La mamma di Ciro Esposito: “L’ergastolo sia un monito”. Già migliaia di iscritti alla pagina Fb in cui viene chiesto il carcere a vita per De Santis

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La mamma di Ciro Esposito, Antonella Leardi, alla presentazione di "Ciro vive", il libro dedicato al figlio morto lo scorso maggio a seguito degli incidenti verificatisi prima della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina, 1 aprile 2015 a Roma.
ANSA/MASSIMO PERCOSSI

“La richiesta di ergastolo deve essere un monito, non è una questione di soddisfazione, io ho perso mio figlio e nessuno me lo ridarà ma chi esce per uccidere ci deve pensare due volte”. Così Antonella Leardi, madre di Ciro Esposito – il tifoso del Napoli ferito il 3 maggio 2014, poco prima della finale di Coppa Italia tra Fiorentina e Napoli, e morto dopo un’agonia di 53 giorni – ha commentato la richiesta di ergastolo avanzata oggi per l’ultrà giallorosso Daniele De Santis, accusato di avere ucciso il giovane napoletano. Intanto già conta migliaia di iscritti la pagina facebook (www.facebook.com/Vogliamo-lergastolo-per-De-Santis-144782187880 3521/?fref=ts) sulla quale viene chiesto l’ergastolo per Daniele De Santis, l’ultrà giallorosso accusato dell’omicidio di Ciro Esposito, ferito gravemente il 3 maggio 2014 poco prima della finale di Coppa Italia tra Fiorentina e NAPOLI e morto dopo un’agonia di 53 giorni. A renderlo noto, attraverso un comunicato, è l’assessore regionale della Campania Francesco Emilio Borrelli. Oggi, la Procura di Roma, ha chiesto proprio l’ergastolo per De Santis. “Non è possibile un’altra pena – continua Borrelli – se non quella per chi, prima, ha messo a rischio la vita di centinaia di persone, compresi bambini, e poi ha ucciso un ragazzo sceso per aiutare le famiglie prese di mira da De Santis”. Secondo il consigliere regionale dei Verdi, “la richiesta dell’ergastolo era inevitabile e i giudici dovranno confermare la richiesta del pubblico ministero per una persona che, anche oggi, ha dato segnali del suo atteggiamento spavaldo e di sfida definendo buffoni i magistrati”. “Se c’è un buffone in questa storia tristissima – conclude Borrelli – è lui, un assassino buffone che merita di restare in carcere fino alla fine dei suoi giorni”.

Napoli, la Guardia di Finanza scopre i signori del falso: 17 ordinanze, ci sono anche due coniugi cinesi

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Anche due coniugi cinesi, detti “Mimmo” e “Milli”, risultano coinvolti nelle indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli culminate nell’esecuzione, da parte della Guardia di Finanza partenopea, di 17 provvedimenti cautelari personali per contraffazione e ricettazione. Si tratta di 5 misure restrittive in carcere, 2 ai domiciliari e 10 obblighi di dimora, emesse dal gip di Napoli nei confronti degli appartenenti a due sodalizi criminali ramificati sull’intero territorio nazionale, anche con proiezioni in Cina e in Turchia. La prima organizzazione, secondo gli investigatori, era gestita da due fratelli ed era dedita alla produzione, ricettazione e vendita, in svariate regioni del Paese, di materiale contraffatto, soprattutto cinture, borse, occhiali e capi di abbigliamento. Un particolare ruolo, in tale gruppo, era affidato ai due coniugi cinesi, titolari di regolari attività commerciali, che provvedevano a importare dalla Cina merce neutra, per lo più occhiali, dello stesso modello di quella originale, poi da “contraffare” con l’apposizione di marchi e segni distintivi. La seconda organizzazione era impegnata nella produzione, distribuzione e vendita di merce contraffatta acquistata in Turchia o prodotta in opifici clandestini dislocati nella provincia di Napoli, dove si provvedeva all’assemblaggio del prodotto finale applicando etichette contraffatte sui capi di abbigliamento neutri.Risultano inoltre coinvolti, nella fase distributiva, alcuni outlet a Napoli e nelle province di Caserta e Crotone, dove i capi d’abbigliamento erano commercializzati come originali. Sono state segnalate all’autorità giudiziaria 23 persone, 17 delle quali raggiunte dalle misure cautelari eseguite oggi, e sono stati sottoposti a sequestro 7 locali adibiti a opifici clandestini, 27 macchinari ad uso industriale adibiti alla produzione del materiale contraffatto, 400mila capi d’abbigliamento, accessori e articoli di pelletteria con marchi contraffatti, e 74 punzoni contraffatti. Sono infine in contro operazioni di sequestro preventivo di beni mobili, immobili, società, cassette di sicurezza, polizze assicurative e conti correnti per un valore di circa 5 milioni di euro.

Tangenti per gli appalti nell’esercito, l’imprenditore si lamentava: “Non si accontentano mai”

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“Ci sono 4mila euro da dare”. Così il colonnello Gaetano Mautone, Capo Ufficio Amministrazione del X Reparto Infrastrutture dell’Esercito di Napoli, si rivolge all’imprenditore Francesco Caprio nel corso di una telefonata intercettata dagli investigatori della Guardia di Finanza e della Squadra Mobile di Caserta. Il riferimento – sostiene la Procura – sarebbe relativo a una tangente che l’imprenditore avrebbe versato per aggiudicarsi i lavori di circa 20mila euro al deposito munizioni di Carditello, località del comune di San Tammaro (Caserta) nota per la Reggia borbonica. Per gli inquirenti si tratterebbe del quarto appalto indetto dal X Reparto che l’imprenditore si sarebbe aggiudicato negli ultimi anni pagando tangenti; nella prima fase dell’indagine, culminata con gli arresti del gennaio scorso, gli inquirenti avevano già accertato il pagamento da parte di Caprio di due tangenti di 35mila e 9mila euro per l’affidamento, avvenuto nel 2014, di lavori alle caserme di Capua e Maddaloni; un quinto affidamento “sospetto” è ancora sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti. “Le intercettazioni si sono rivelate uno strumento di prova fondamentale” ha spiegato il procuratore Capo di Santa Maria Capua Vetere Maria Antonietta Troncone nel corso della conferenza stampa tenutasi questa mattina. Un’altra conversazione intercettata ha permesso di trovare i riscontri alle modalità di manipolazione delle gare, che venivano fatte con il massimo ribasso. “Inviami l’offerta via posta o via fax” dice sempre Mautone all’imprenditore concorrente di Caprio, che perderà la gara. “Non è possibile – denuncia il procuratore aggiunto Antonio Amato – che le offerte per gare pubbliche vengano ancora inviate con modalità che non garantiscono la segretezza della procedura, quando esiste la posta elettronica certificata”. Gli inquirenti hanno infatti scoperto che nell’offerta fatta pervenire da Caprio, tra l’altro non protocollata, il ribasso, molto elevato, era stato scritto a penna. Alla turbativa d’asta, è emerso, hanno preso parte tutti i componenti della commissione di gara, finiti in cella; ci sono i dipendenti civili Aniello Palomba, addetto amministrativo, e l’ufficiale rogante Patrizia Giunta, moglie del tenente colonnello Raffaele Bisogno, capo Ufficio Lavori del X Reparto, anch’egli arrestato. E c’è l’ex comandante Cannarile, il quale viene più volte citato nelle intercettazioni ed inoltre viene chiamato in causa dallo stesso Caprio, che dopo il primo arresto di gennaio, messo di fronte alle intercettazioni, ha fatto qualche ammissione, spiegando agli inquirenti di essersi rivolto proprio a Cannarile per riferirgli delle pressioni ricevute dai due ufficiali (Mautone e Crisileo), che “non si accontentano mai”. “Il Comandante – ha raccontato l’imprenditore – non fece nulla”. L’Esercito intanto  ha “sospeso dal servizio” gli ufficiali arrestati questa mattina dalla Compagnia di Caserta della Guardia di Finanza (guidata da Domenico Ruocco) e dalla Squadra mobile della Polizia (diretta da Alessandro Tocco) nell’ambito dell’inchiesta della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere sul presunto giro di tangenti relativo agli appalti per lavori alle caserme casertane concessi dal X Reparto Infrastrutture di NAPOLI. “La Forza Armata – sottolinea l’Esercito in una nota – conferma la completa disponibilità e collaborazione all’azione della Magistratura nonché la tolleranza “zero” nei confronti del personale responsabile di tali comportamenti”. “La Forza Armata – conclude l’Esercito – adotterà qualsiasi misura per perseguire chiunque si sia reso autore di comportamenti che ledono il prestigio e la reputazione di una Istituzione fondata su principi di onestà e senso del dovere”. In carcere, su ordine del Gip Gabriella Casella, sono finiti tutti i responsabili del Reparto, ovvero l’ex comandante Lucio Eugenio Cannarile, i due tenenti colonnello, già arrestati a gennaio, Gaetano Mautone e Antonio Crisileo, rispettivamente Capo Ufficio Amministrazione del Reparto e Capo Ufficio Contratti, il tenente colonnello Raffaele Bisogno, Capo Ufficio Lavori, e i due dipendenti civili Aniello Palomba e Cinzia Giunta, moglie di Bisogno.

San Giorgio: il sindaco riceve il panettiere che regala il pane ai bisognosi

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sindaco san giorgio

Pane e prodotti da forno invenduti, ogni sera, vengono messi a disposizione dei bisognosi: succede a San Giorgio a Cremano dove i titolari del panificio ‘Forno Cinquanta’ in via Cappiello, dai quali è partita l’idea, hanno ricevuto in Municipio un attestato di stima per la solidarietà dimostrata alla comunità sangiorgese. A consegnarlo, questa mattina, è stato il sindaco Giorgio Zinno insieme all’assessore al Commercio, Annarita D’Arienzo che ha postato anche la foto sul suo profilo facebook . L’iniziativa è partita il 1 aprile e ha riscosso subito un grande successo: sono decine le persone che ogni sera attendono l’orario di chiusura dell’attività per trovare un pezzo di pane da portare a casa e magari condividere con i familiari e i propri figli. Ivano Iavazzo, il proprietario del panificio, ha avuto l’idea di lasciare ogni sera davanti al negozio le buste con la merce invenduta: pane, pizze e prodotti da forno: “La quantità di quanto lasciamo fuori al negozio a fine serata varia di giorno in giorno – ha spiegato – ma al mattino non troviamo nulla di ciò che abbiamo lasciato. Questo ci spinge a continuare perché siamo tutti figli dello stesso padre e siamo certi che altri commercianti presto faranno lo stesso”. Nel consegnare l’attestato di stima il sindaco ha detto: “Abbiamo voluto riconoscere ai proprietari che hanno dimostrato tale sensibilità un attestato ufficiale per il valore aggiunto che conferiscono alla nostra città, con l’obiettivo anche di rendere questo gesto contagioso e invogliare anche gli altri commercianti a fare lo stesso. Ci piacerebbe che queste azioni diventassero virali, tanto da contaminare la nostra città con iniziative di solidarietà concreta e buone pratiche nei confronti dei concittadini più bisognosi”. D’accordo anche l’assessore D’Arienzo: “La crescita di una comunità passa non solo dallo sviluppo economico ma anche da quello sociale. La trovata del Forno Cinquanta è l’esempio di come, quando si vuole fare qualcosa di concreto per la città non vi è vincolo che regga. L’amministrazione sarà sempre al fianco delle attività produttive che metteranno il proprio lavoro a disposizione della comunità”.

Napoli: arrestato per spaccio di droga l’amico di Davide Bifulco, il 17enne ucciso al rione Traiano da un carabiniere

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carabinieri

 Un giovane di 20 anni, Salvatore Triunfo – già noto alle cronache perché era con il 17enne Davide Bifolco la notte del 5 settembre del 2014 quando quest’ultimo morì colpito da un proiettile sparato accidentalmente da un carabiniere nel rione Traiano  – è stato arrestato dai militari dell’arma nel quartiere Soccavo del capoluogo partenopeo con l’accusa di detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Triunfo è stato preso insieme a un altro giovane, Marco La Rocca, 30 anni, in via Anco Marzio, subito dopo avere ceduto dosi di cocaina ad alcuni giovani identificati e segnalati. Durante le perquisizioni personali e domiciliari a carico dei due pusher sono state sequestrati anche 30 grammi di marijuana, 2 grammi di cocaina e 15 di hashish. Entrambi sono stati chiusi nel carcere napoletano di Poggioreale.

Napoli: inchiesta sui post su Fb dei nuovi baby boss armati: “Veniamo dal quartiere del male… la normalità mi annoia”

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i nuovi baby boss armati

Accertamenti sono in corso a Napoli da parte delle forze dell’ordine in merito ad alcune foto pubblicate su facebook dove giovani e giovanissimi di alcuni quartieri della città, come Secondigliano, Barra e San Giovanni a Teduccio, sono ritratti in atteggiamenti malavitosi con quelle che sembrano armi vere. Sul social network sono state pubblicate anche post contro polizia e carabinieri. La notizia è stata pubblicata oggi sul Corriere del Mezzogiorno. Nell’articolo a firma del giornalista Roberto Russo viene anche evidenziato che, in alcuni casi, si tratta di foto di parenti di boss e di figli o nipoti di detenuti.”Perché — scrivono — la normalità mi annoia”; che si fanno fotografare mentre stappano maxibottiglie di Champagne. E poi ragazzi più grandi alla guida di Porsche o Audi. Tutte lussuose, tutte sgargianti. Uno di loro scrive: “Mi è costata 50 barbettoni… » intendendo quasi certamente cinquantamila euro.Di post sprezzanti nei confronti degli “infami” e delle forze dell’ordine. “Stann’ semp’ annanz’ a m e..chitemm…” si sfoga uno, pubblicando dalla sua auto la foto di un posto di blocco dei carabinieri. Ma a destare impressione èl’enorme quantità di pistole e fucili che è possibile vedere liberamente nelle foto di quei profili.Un ragazzo posta: “Tra poche ore il leone uscirà dalla sua gabbia” e pubblica la foto del padre nell’atto di lanciargli un bacio. Poi si lascia andare a una riflessione più lunga che ha il sapore di una confessione esistenziale: “Veniamo dal quartiere del male , perché non abbiamo un’istruzione, perché a scuola non ci andiamo. Ma da noi a scuola non ci puoi andare , perché prima devi pensare a mangiare, a fare la vita che fanno tutti i ragazzi normali. Solo che a loro ci pensano i genitori. Da noi no…Ci sono ragazzi che scelgono la strada del male, di comandare il loro quartiere. Ma vi dico che hanno un cuore e la forza di combattere. Contro tutto e tutti”.


Acerra, entra nel Pronto Soccorso con lo scooter: “Sono armato e non faccio la fila”. Denunciato

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villa dei fiori

 Entra nel pronto soccorso direttamente con lo scooter gridando di essere armato per saltare la fila. E’ accaduto ad Acerra, dove un 32enne, è entrato nel pronto soccorso della locale clinica Villa dei Fiori, direttamente con lo scooter. L’uomo era entrato dapprima a piedi, chiedendo di non rispettare la fila, e senza fornire le proprie generalità agli infermieri che gli hanno negato l’accesso. “Per passare c’è bisogno di registrarsi, mi fornisca  le sue generalità” hanno chiesto gli addetti del presidio. Ma lui non ha voluto sentire ragioni e ha cominciato ad inveire contro il personale della clinica.Il 32enne, a quel punto, ha raggiunto il parcheggio per prendere lo scooter, ed è entrato nel pronto soccorso direttamente con il mezzo a due ruote: “Fatemi passare, ho una pistola”, che però non ha mostrato. L’uomo, che ha precedenti per reati contro il patrimonio e per droga era completamente fuori di sé. Non ha mostrato la pistola, ma ha minacciato più volte di volerla utilizzare se non lo avessero fatto passare prima degli altri. Poi, quando si è reso conto che era stato richiesto l’intervento delle forze dell’ordine, è fuggito via velocemente.L’uomo è stato raggiunto nella propria abitazione dai carabinieri della locale stazione, che hanno trovato anche ‘l’arma’, una pistola giocattolo. Per il 32enne è scattata la denuncia per minacce.

Inchiesta sul petrolio,De Luca: “Volevo le commesse per la Fincantieri di Castellammare”

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 “Ho fatto delle pressioni per avere delle commesse per l’insediamento Fincantieri di Castellammare. Mi sono battuto e mi batto perché sia tutelato il lavoro nella nostra Regione. L’ho fatto e lo rifarò ancora”. Commenta così il governatore campano Vincenzo De Luca le intercettazioni in cui viene citato nell’ambito dell’inchiesta sulla ‘cricca del petrolio’ della procura di Potenza. De Luca ne ha parlato intervenendo a Radio Kiss Kiss in riferimento alle intercettazioni riportate oggi dalla stampa in cui Fabrizio Vinaccia (vicepresidente della società Mbda) racconta all’imprenditore palermitano Nicola Colicchi di un incontro che avrebbe avuto proprio con De Luca. Un colloquio con al centro la vicenda “della legge navale” e la conseguente possibilità di far costruire alcune navi nello stabilimento Fincantieri di Castellammare di Stabia, obiettivo cui avrebbe puntato il governatore della Campania.

Scafati: 4 anni di carcere a Roberto Somma , il pusher di via Berardinetti

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tribunale nocera

Aveva oltre 50 grammi di cocaina pronta per essere venduta, nascosta – in parte – nelle custodie dei rullini fotografici: condannato a quattro anni e a 13mila euro di multa Roberto Somma, 32enne scafatese, arrestato a ottobre scorso dai carabinieri della Compagnia di Torre Annunziata. Una fonte confidenziale portò i militari del Nucleo operativo torrese in via Berardinetti, zona di confine tra Scafati e Boscoreale. La segnalazione era riferita ad un giovane su una Fiat Punto che spacciava cocaina in quella zona. E durante un controllo, i carabinieri riuscirono ad individuare l’abitazione e la persona che riforniva i giovani tossicodipendenti della zona. Quando il 23 ottobre dello scorso anno arrivarono in via Berardinetti, intuirono che l’uomo della segnalazione altri non poteva essere che Roberto Somma e così decisero di fare irruzione nell’abitazione e nella vicina officina. Il giovane aveva tutto l’occorrente del perfetto spacciatore: un involucro di cellophane con 40 dosi già pronte per lo spaccio, per un peso di circa 55 grammi, di cocaina ed altra droga, rinvenuta in un armadietto dell’officina, 12 grammi, oltre ad un bilancino di precisione e a materiale per il confezionamento. Nel corso della perquisizione furono trovati anche 360 euro, in banconote di piccolo taglio, provento – secondo gli inquirenti – dell’attività di spaccio. Tutto sottoposto a sequestro. Lunedì, Somma – difeso dall’avvocato Michele Sarno – è stato condannato con rito abbreviato dal Gup Luigi Levita a quattro anni di reclusione.  (r. f.)

Boscotrecase: assolto Andrea Gallo, fratello di Peppe ‘o pazzo. Per il Tribunale “non è un camorrista”

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andrea gallo

Andrea Gallo assolto dall’accusa di essere un camorrista. L’importante sentenza per il fratello minore  del famoso “Peppe ‘o pazzo”, ras e trafficante di droga di Boscoreale-Boscotrecase del clan Limelli-Vangone, è arrivata ieri da parte del  gip del Tribunale di Napoli Vincenzo Alabiso durante il processo con rito abbreviato che lo vedeva imputato insieme con i suoi presunti complici Agostino Carbone e Fabio Carpentieri. Tutti assolti “per non aver commesso il fatto”. Il 24enne rampollo della famiglia Gallo resta però in carcere per il duplice omicidio dei fratelli Roberto e Giovanni Scognamiglio, trucidati il 31 maggio scorso nel- la loro villetta di via Andolfi, alconfine tra Pompei e Torre Annunziata. Contro i tre assolti c’erano state le dichiarazioni dei pentiti Gennaro Colantuomo e lo stabiese Luigi Cusma. Ma già la Cassazione aveva smontato le loro accuse la scorsa settimana annullando l’ordinanza di custodia cautelare sull’accusa di associazione camorristica. E ieri è arrivata l’assoluzione.

 

Napoli: scoperti 8 container di moto rubate in partenza per l’Africa

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moto rubate

Otto container stracolmi di costosissime motociclette e scooter rubati, pronti per la spedizione in un altro continente, verosimilmente in Africa, sono stati scoperti dai carabinieri del comando provinciale di Napoli in un deposito di spedizioni internazionali nella periferia Est della città. Sei cittadini del Ghana, sorpresi nel deposito durante l’irruzione, sono stati arrestati con l’accusa di ricettazione. Nei container sono state trovate moto BMW, Honda, Ducati, Suzuki e scooter delle marche più note, per un valore stimato in circa un milione di euro. La scoperta è stata fatta dai militari del Nucleo Investigativo nel corso di un’altra indagine sui mezzi usati dai malviventi per commettere gravi delitti come l’omicidio. Nel corso dell’attività investigativa è emerso che moto e scooter sono stati rubati o rapinati prevalentemente in Campania e nel LazioL’indagine dei carabinieri di Napoli sulle moto usate per commettere omicidi ha avuto un risvolto inaspettato. Il filone investigativo sugli ambienti criminali in cui i ‘gruppi di fuoco’ dei clan si procurano veicoli, per cercare connivenze o collegamenti e limitare la possibilita’ di manovra dei gruppi malavitosi, ha portato al blitz dei militari del Nucleo investigativo del Comando provinciale partenopeo in un capannone nella periferia a Est della citta’, trovando 8 container zeppi di costosissime motociclette e scooter pronti per la spedizione. Molti erano avvolti con del cellophane protettivo, altri smontati e messi dentro casse, altri ancora smontati in parte e avvolti con coperte, tutto sistemato nei container riempiti fino all’orlo. Dalle immediate verifiche sono risultati mezzi bottino di furti o rapine commessi prevalentemente in Campania e nel Lazio; ora sono stati catalogati e sequestrati. Su ognuno saranno eseguiti accertamenti tecnici dalla Sezione Investigazioni Scientifiche di Napoli, alla ricerca di impronte o elementi utili alle indagini, e poi torneranno ai legittimi proprietari. Per gli investigatori, questo grosso stock di merce era diretto in Africa. I sei ghanesi sorpresi nel deposito devono rispondere di ricettazione.

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