Altri due nuovi pentiti fanno tremare i clan di Scampia e Secondigliano. Si tratta di Antonio Accurso uno dei ras della Vanella Grassi e Pasquale Riccio, nipote acquisito degli Abbinante. I due si vanno ad aggiungere ad Antonio Caiazza, lo spietato killer degli, Amato-Pagano, del cui pentimento già si era saputo nei giorni scorsi. I tre ieri sono stati chiamati come testimoni dal pm della Dda di Napoli, Stefania Castaldi, nel processo per la faida di Scampia tra i Di Lauro e gli scissionisti. I tre già hanno reso delle deposizioni che sono state acquisite agli atti del processo ma il pm ha chiesto di ascoltarli perché “sono in possesso sui fatti in oggetto a questo procedimento”ha spiegato. Il processo che si sta celebrando davanti alla Quarta sezione della Corte di Assise di Napoli, riguarda il duplice omicidio di Fulvio Montanino e del nipote Claudio Salierno avvenuto nel 2004 nella zona del terzo Mondo di Secondigliano.
Scampia, ecco altri due pentiti: il ras Accurso e il nipote di Abbinante
La titolare del centro estetico di Cavalleggeri: “Nessun legame con la malavita”
“Non ho alcun legame con persone legame alla malavita e la mia attività è estranea a fatti criminali”. La titolare del centro estetico di via Cavalleggeri d’Aosta al civico 3 a Napoli dove nel marzo scorso furono esplosi 15 colpi di kalashnivok ha chiesto di precisare la sua estraneità a vicende di cronaca. La redazione di cronanchedellacampania prende atto e puntualizza rispetto a quanto inserito nel pezzo in cui si parla di frizione della criminalità organizzata nella zona flegrea di Napoli.
De Luca: “La riapertura del funivia del Faito è un’occasione di sviluppo turistico per tutta la zona”
“La riapertura della funivia del Faito e’ una straordinaria occasione di rilancio turistico e di creazione di lavoro”. A dirlo, nel corso del primo viaggio inaugurale dell’impianto, riaperto dopo quattro anni, e’ il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca. “Abbiamo mantenuto un impegno – dice il governatore campano -. E tra un mese apriremo anche la funicolare di Montevergine, per la quale abbiamo un ritardo di quatto settimane dovuto al fatto che hanno rubato i cavi e la centralina elettrica. Comunque, rimedieremo anche a questo problema e quando apriremo l’impianto ci faremo fare pure una benedizione da qualche frate…”. De Luca, poi, spiega anche che “le bellezze del Faito devono creare turismo e sviluppo. Questo di oggi e’ il primo passaggio di un progetto che ci vedra’ impegnati nel,miglioramento della viabilita’ tra le Costiere sorrentina e amalfitana con un sistema di vettore. Dobbiamo impiegare i fondi europei per fare questo. Accanto a questo, c’e’ il grande tema della depurazione. Dobbiamo bonificare la costa”. Contemporaneamente alla riapertura della funivia, ci sono anche cinque nuovi pullman arrivati per gli spostamenti nell’area stabiese e sorrentina. De Luca, a fine cerimonia, ha incontrato anche alcuni,operai della Fincantieri che chiedevano rassicurazioni per il futuro. “Avevamo stanziato 50 milioni per la costruzione della nave oceanografica ma ci siamo accorti che il Cnr non,aveva appostato le risorse. Stiamo spingendo affinche’ ci siano piccole lavorazioni nei prossimi dieci mesi in attesa dell’arrivo della commessa per la,costruzione di una nave della Marina militare”.“Con la riapertura della funivia del Faito mettiamo di nuovo a disposizione del territorio, dei cittadini e dei tanti turisti una infrastruttura importante per la mobilità e per il rilancio di una intera area, che può tornare a essere strategica per la sua posizione ideale tra la penisola sorrentina e la costiera amalfitana. Una mia battaglia, lunga tre anni, che finalmente viene portata a conclusione positiva, come raccontato dal video che ho pubblicato sui miei canali social per ripercorrere le principali tappe di questo impegno. Ma soprattutto un primo e significativo passo per procedere alla riqualificazione e alla definitiva liberazione dell’intera area del Monte Faito”. Così Antonio Marciano, consigliere regionale e questore alle Finanze dell’ufficio di presidenza del Consiglio regionale della Campania, che questa mattina ha partecipato all’inaugurazione della funivia del Faito. “Adesso bisogna portare avanti il lavoro: rendere ordinari gli interventi di manutenzione per superare l’abbandono attuale in cui versa l’intera zona, iniziando dal ripristino dell’antica strada da Quisisana e avviando poi il recupero e la valorizzazione delle strutture e delle aree pubbliche sulla montagna, un piano sperimentale e coordinato di lotta al randagismo, la tutela complessiva della foresta”, aggiunge. “La riattivazione dell’infrastruttura – prosegue – che seppure a regime già ridotto negli ultimi anni di attività trasportava oltre 60mila utenti, ha anche un valore simbolico, per sottrarre spazio e terreno alle camorra e alla criminalità organizzata che imperversa sull’area e ha tutto l’interesse a mantenere l’attuale situazione di rovina: una vertenza che ho seguito costantemente, anche con interrogazioni al precedente Governo regionale, petizioni e manifestazioni pubbliche, da quando oltre due anni fa abbiamo costruito, d’intesa con associazioni e operatori locali, una piattaforma che guardasse al recupero complessivo del Monte Faito”, conclude Marciano. Un altro segnale concreto del nostro impegno sul territorio. La funivia del Faito riparte e con essa il rilancio economico e turistico dell’area costiera. C’è ancora possibilità di crescita, questo è un passo importante che va a spianare la strada alle attività locali legate al commercio ed al turismo. C’é tutto il nostro impegno e la nostra determinazione nel proseguire e fare della Campania la più bella regione d’Italia”. Così Carmine De Pascale, capogruppo alla Regione di “De Luca Presidente in Rete”.
Alberto Ferretti
Il neomelodico arrestato per le minacce a Clementino cantava ‘Giovani d’onore’
Vincenzo Carbone, il neomelodico 20enne arrestato oggi insieme con suo padre e suo fratello per la tentata estorsione al rapper Clementino, con il quale voleva avviare una collaborazione artistica, ha dedicato una delle sue canzoni ai giovani che sfuggono alle forze dell’ordine ”per non farsi arrestare”. ”Sti guagliun correne (questi ragazzi corrono, ndr)”, la canzone in dialetto napoletano nella quale Carbone, in arte ‘Enzo di Palma’, in cui parla dei giovani malviventi di provincia, affermando che sono ”uomini d’onore”, anche in giovanissima età, ”portano rispetto”, ”hanno sentimenti”, ”non sanno tradire”. Giovani che, secondo il neomelodico, sono ”cresciuti in mezzo ad una strada, si sentono importanti nessuno li può fermare”. Canzone riprodotta anche in un videoclip, nel quale Enzo di Palma sfila in mezzo a decine di ragazzi fermi sugli scooter in uno dei quartieri della propria città, Palma Campania, dando la mano agli attori che impersonano i delinquenti, e che si cimentano in corse in motorino tra le strade cittadine per sfuggire alle forze dell’ordine. Frame di vita di delinquenti che, secondo Carbone, ”hanno sentimenti e sanno comandare”, padri di bimbi mostrati nel videoclip tutto a favore della malavita. Ragazzi che ”portano rispetto e sanno rispettare”, ”con il padre carcerato, che niente gli può dare e se Gesù lo aiuta a casa tornerà”. Ragazzi che ”hanno 18 anni e chi più poco ancora, ma anche questi piccoli non hanno paura, dividono i problemi con un amico vero, si dividono la vita e non sanno tradire”. Giovani, canta il neomelodico, che ”scappano, il cuore batte in petto, si sentono morire, con le guardie dietro le spalle, senza mai girarsi, se vincono questa corsa avranno la libertà. Un pensiero vola da mamma, con i fratelli piccoli che vivono in città”.
Torre Annunziata, sgomberata la villa dei Tamarisco:sarà presidio di legalità
Sgomberata la villa di proprietà della famiglia Tamarisco, ritenuta affiliata all’omonimo clan operante a Torre Annunziata Lo stabile era già stato in passato confiscato dall’autorità giudiziaria. L’operazione di sgombero, a cui hanno preso parte le forze dell’ordine, si è svolta senza incidenti. L’immobile è ora nella piena disponibilità del Comune. ”La confisca dell’immobile dei Tamarisco – commenta il sindaco Giosuè Starita – è un segnale importante per la città. Dopo Palazzo Fienga, un altro pezzo di territorio viene sottratto ai clan. Ora lo si dovrà utilizzare al meglio, farlo diventare anche simbolicamente un presidio di legalità. Per questo, con l’associazione Libera attiveremo un focus progettuale per individuare la migliore destinazione d’uso, sempre al servizio della comunità e per diffondere e consolidare i valori dell’anticamorra”.
Terza faida di Scampia ecco tutti i nomi dei 46 imputati che chiedono lo sconto di pena
Terza faida di Scampia: in 50 chiedono l’abbreviato. Associazione per delinquere, traffico di stupefacenti e due tentati omicidi: gli uomini del clan Leonardi di Secondigliano, alleato dei Marino vicini ai “Vanella Grassi” affronteranno il processo dopo i 44 arresti di un anno fa. Tra i boss alla sbarra Antonio Mennetta, Er Nino, e Arcangelo Abbinante, avversari degli Abete. Sfuggirono allora alla cattura e sono latitanti nel processo Umberto Accurso e Roberto Manganiello. Gli uomini della cosca devono rispondere delle accuse, a vario titolo di associazione per delinquere di stampo mafioso, traffico di stupefacenti e tentato omicidi. Gli attentati contestati sono quelli di Giovanni Esposito, alias ‘o muorto’ avvenuto il 4 luglio del 2012 e Giovanni Giordano, del 12 novembre di quell’anno, esponenti degli Abbinante. Un anno fa oltre all’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare furono eseguiti sequestri per circa 4 milioni di euro, beni ritrovati tra la Campania e il Lazio, dove i Leonardi, narcotrafficanti originari di Secondigliano alleati ai Di Lauro, avevano messo radici. Il tentato omicidio di Giovanni Esposito, cognato degli Abbinante, fece nascere l’inchiesta che ha portato un anno fa agli arresti. Intercettazioni telefoniche svelano il traffico di stupefacenti con l’invio a Roma di grossi quantitativi di cocaina e la disponibilità du armi utilizzati negli agguati. Numerose le incursioni nei lotti G, H e K di via Labriola e della Vela celeste, piazze di spaccio contese tra la “Vinella” e gli Abete-Abbinante. Decisiva la collaborazione del boss Antonio Leonardi e dei figli Felice, Alfredo e Giovanni, nell’inchiesta che approderà dinanzi al Gup.
Ecco tutto l’elenco completo degli imputati che hanno chiesto il rito abbreviato
ANTONIO LEONARDI (PENTITO)
FELICE LEONARDI (PENTITO)
ALFREDO LEONARDI (PENTITO)
ANTONIO MENNETTA
ANGELO MARINO
ANTONIO DI GENNARO
GENNARO IORIO
ROSARIO GUARINO (PENTITO)
GIANLUCA GIUGLIANO (PENTITO)
FRANCESCO BARONE
ROBERTO MANGANIELLO
ALFONSO VANACORE
SALVATORE BARBATO
MARCO ESPOSITO
FRANCESCO STRAZZULLI
SALVATORE CAPALDO
GAETANO RICCIO
CARMINE BATTAGLIA
SALVATORE CAPUTO
ANTONIO LUCARELLI
MICHELE SILVESTRO
SALVATORE PIEDIMONTE
VINCENZO DATI
SALVATORE AURILIO
VINCENZO AURILIO
GENNARO MAGELLI
VINCENZO ESPOSITO
GAETANO PARZIALE
ANTONIO ALTERA
ANTONIO MAROTTA
VITTORIO MAROTTA
PIETRO MAOLONI
ACCURSO UMBERTO
ARCANGELO ABBINANTE
LUCA DELL’ANNUNZIATA
ANTONIO MINCIONE
VALERIO CAIAZZO
SALVATORE DELL’AVERSANA
RAFFAELE MINCIONE(1972)
RAFFAELE MINCIONE (1985)
NICOLA MINCIONE
PASQUALINA MINCIONE
GIUSTINA MARCHESA
CARMINE ANNUNZIATA (PENTITO)
GAETANO ANNUNZIATA (PENTITO)
ADRIANO SELVA
GIUSEPPE MINICHINI
Questi invece gli imputati che hanno scelto il rito ordinario
GIOVANNI VITALE
VINCENZO AURILO
FRANCESCO PAOLO RUSSO
VALERIO CAIAZZO
(nella foto il boss arcangelo abbinante)
Agguato a Giannelli junior: la verità dalla videosorveglianza
Gli investigatori stanno cercando nelle immagini delle telecamere di video sorveglianza e in quelle di alcuni uffici pubblici e negozi della zona di Cavalleggeri d’Aosta possibili riscontri per cercare di capire come e dove è avvenuto domenica sera l’agguato contro il figlio minorenne del boss Alessandro Giannelli. Difficile che la vittima e presunti testimoni diano una mano agli investigatori a scoprire la verità. Meglio concentrarsi sulle immagini. Ma altri particolari sulla sparatoria stanno emergendo perché il ragazzo si è salvato gettandosi a terra fingendosi morto. Poi quando i killer si sono allontanati ha chiesto aiuto via telefonino. Sul posto in breve tempo sono arrivati poi i parenti che l’hanno accompagnato al vicino ospedale San Paolo. La pista battuta dagli investigatori è quella della faida in atto nella zona flegrea tra la nuova alleanza dei Sorianiello-Lago-Romano-Giannelli e i Vigilia-Pesce-Marfella oppure le tensioni tra i Giannelli e gli Zito-Esposito. E il ferimento a Giannelli junior potrebbe essere una risposta all’agguato in cui rimase vittima Pasquale Zito. In questo secondo caso, i contrasti sarebbero circoscritti a Bagnoli e Cavalleggeri mentre l’altra ipotesi abbraccerebbe anche la criminalità organizzata di Soccavo, rione Traiano e Pianura.
Parco Verde: va in carcere anche la mamma di Antonio, aveva violato i domiciliari incontrando estranei
Finisce in cella la mamma di Antonio, il bambino morto a Caivano nello stesso palazzo in cui è morta la piccola Fortuna. La donna, compagna di Raimondo Caputo, accusato dell’omicidio e dello stupro della bimba, era ai domiciliari con l’accusa di concorso in violenza sessuale ai danni di una delle figlie. A carico della donna i carabinieri hanno eseguito un’ordinanza di aggravamento della custodia cautelare emessa oggi dal gip del Tribunale di Napoli Nord per violazione degli obblighi sulla detenzione domiciliare. Il gip di NapoliI Nord ha aggravato la misura cautelare, emessa per concorso in violenza ai danni di Fortuna sostituendo gli arresti domiciliari con la custodia in carcere. Ciò in quanto la donna ha disatteso il divieto di incontrare altre persone, che era stato imposto dal giudice. Tra i contatti, vi sarebbero anche incontri con giornalisti che si stanno occupando degli sviluppi dell’inchiesta sull’omicidio di Fortuna. Il provvedimento è stato eseguito oggi dai carabinieri della compagnia di Casoria.
Capri: inchiesta della Finanza sui “furbetti del cartellino” all’ospedale Capilupi
C’e’ una inchiesta della Guardia di Finanza su alcuni dipendenti dell’ospedale ‘Capilupi’ di Capri. Secondo quanto trapela da fondi giudiziarie e investigative, i militari delle Fiamme Gialle avrebbero individuato molti assenteisti che timbravano il cartellino e poi andavano in giro per l’isola durante le ore di lavoro. Si indaga per i reati di associazione e truffa. Questa mattina i militari della Guardia di Finanza sono stati anche visti rimuovere una serie di telecamere nascoste all’interno e nelle strade adiacenti la struttura ospedaliera e nei pressi della banchina del porto. L’operazione, durata alcune ore, diretta dalla locale tenenza si e’ avvalsa dell’ausilio di finanzieri venuti da Napoli che hanno rimosso tutto il sistema di videosorveglianza. Non si escludono sviluppi nelle prossime ore.
Arrestato insospettabile pusher della movida di Torre Annunziata
Arrestato insospettabile incensurato che spacciava droga ai ragazzi della movida di Torre Annunziata. I carabinieri della locale compagnia avevano notato uno inconsueto via via di giovani in un edificio al corso Vittorio Emanuele. e cosi stasera dopo una serie di appostamenti hanno deciso di intervenire. L’uomo, G.P. un 35 enne senza alcun precedente penale, alla vista dei militari ha cercato di disfarsi di un borsone lanciandolo su un terrazzo di una casa vicina. Ma sul tetto vi erano appostati da tempo proprio i carabinieri- I militari hanno raccolto il borsone e all’interno vi hanno trovato 120 grammi di marijuana, 7 grammi di cocaina, 2 bilancini di precisione, materiale vario per il confezionamento dello stupefacente e 420 euro in contanti. per l’uomo sono scattate le manette.Sarà processato domani con rito direttissimo per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.
Miss picchiata: “Io denunciata per stalking? Verità è altra”
“Io credo nella giustizia ma ovviamente la verità è un’altra”. Lo afferma Rosaria Aprea, la miss di Macerata Campania (Caserta) picchiata dall’ex convivente, poi condannato, e divenuta simbolo della lotta contro la violenza sulle donne che nei giorni scorsi è stata denunciata per stalking da un altro ex, padre di suo figlio. Dopo la denuncia, il Gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha emesso a carico della Aprea la misura del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dall’uomo. La miss, secondo quanto denunciato, avrebbe tentato di investire con l’auto l’ex, che sarebbe poi finito in ospedale e dimesso dopo le cure. Aprea annuncia “il silenzio stampa fino al Riesame che si terrà venerdì, dopo – prosegue – racconterò tutta la mia verità, ma una cosa deve essere chiara e inequivocabile: il mio unico contatto con questo signore è quello di tutelare mio figlio minore e ottenere quello che la legge dice gli spetti. Questi soggetti – conclude – hanno solo fame di notorietà”. Rosaria Aprea divenne nota nel maggio del 2013 dopo essere stata pestata per gelosia dall’ex fidanzato Antonio Caliendo, che la colpì con un calcio provocandole la rottura della milza. Divenne poi testimonial della lotta contro la violenza di genere, partecipando nel 2014 a Miss Italia dove le fu assegnata la fascia di Miss Coraggio. Pochi mesi fa la Cassazione ha confermato a carico di Caliendo la condanna a otto anni emessa dalla Corte di Appello di Napoli.
Parco Verde, il padre di Fortuna denuncia Corrado Augias
“Abbiamo denunciato Corrado Augias per diffamazione, è vergognoso quello che ha detto su mia figlia”. Lo dice Pietro Loffredo, padre di Fortuna, la bambina violentata e uccisa a Caivano, a La Zanzara su Radio 24 commentando le parole del giornalista su La7. Ieri sera, intervenendo a DiMartedì, Augias aveva commentato l’abbigliamento e la pettinatura di Fortuna in una foto: “A cinque-sei anni è una bambina che si atteggia come se ne avesse 16-18”. Frase che ha sollevato oggi reazioni e polemiche sul web. “Augias non sa nemmeno quello che dice – prosegue Loffredo – non sa quante bambine a quattro anni vedono i grandi e vogliono truccarsi o vestirsi come loro. Io ho anche un’altra figlia di cinque anni a cui piace truccarsi, ma questo che vuol dire?”. “Augias non è normale se fa un paragone del genere”, conclude l’uomo. Angelo Pisani, legale della famiglia, specifica: “E’ una vergogna quello che ha detto Augias, perché voleva alludere al fatto che questa bambina di sei anni potesse aver provocato il pedofilo. E’ una affermazione di una gravità enorme e di un’ignoranza infinita”.
A giudizio la “cricca” di Equitalia: fissato per ottobre il processo per 30 persone. Facevano sparire multe e sanzioni in cambio di laute mazzette
All’interno della sede di Napoli di Equitalia sud si era creata una vera e propria “cricca” capace di aggiustare e addirittura di far sparire la cartelle esattoriali in cambio di lauti compensi. La cricca fu scoperta lo scorso anno dai carabinieri che notificarono un’ordinanza con la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria a dieci persone tra le quali cinque impiegati di Equitalia Sud SpA e due addetti alla vigilanza della stessa società, accusate a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, abuso d’ufficio, rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio, falso e truffa ai danni di Equitalia. L’inchiesta della Procura di Napoli ha poi accertato il coinvolgimento di altre venti persone che sono state tutte rinviate a giudizio del gip Ferrigno del Tribunale di Napoli. Equitalia si è costituita parte civile nel processo che inizierà ad ottobre prossimo. Dalle indagini è emerso che la cricca aveva organizzato un sistema di corruttela all’interno di Equitalia grazie al quale nel corso degli anni sono state fatte sparire multe, sanzioni e altri balzelli. Il compenso variava dai 200 euro se l’operazione era di bassa entità e arriva a 2000 euro ad intervento se la cifra da far sparire era più alta. Ora in 30 , tra cui anche alcuni imprenditori di Napoli e provincia che hanno beneficiato dei favori della cricca, dovranno comparire davanti al tribunale per difendersi dall’accusa di truffa, falso, associazione per delinquere e altro.
Scafati: narcotizzato e derubato in casa il famoso tammorraro Simone Carotenuto
Scafati/Boscoreale. Narcotizzati e derubati delle cose più care. Ricordi svaniti nella notte con la paura di aver avuto i ladri in casa senza riuscire a difendersi e a dare l’allarme. Sono rimasti traumatizzati da quanto accaduto la notte scorsa i componenti della famiglia Carotenuto, residenti in via Botteghelle a Marra, nella zona di confine tra Scafati, Boscoreale e Poggiomarino. Una “striscia di Gaza” per gli abitanti della periferia scafatese, in preda a vandali e ladri esperti. I fatti denunciati, ieri mattina ai carabinieri, da Simone Carotenuto, noto musicista della tradizione napoletana delle tammurriate, è sconcertante. E’ tornato a casa verso le due, dopo una serata nei paesi vesuviani, e forse i ladri stavano aspettando che rincasasse per entrare in azione. Banditi esperti che hanno narcotizzato i componenti della famiglia, residenti in una palazzina singola, e poi sono entrati in casa facendo un piccolo forellino nella porta d’ingresso. Nessun rumore ha svegliato i coniugi Carotenuto e la figlia che, in mattinata, – ancora sotto l’effetto del narcotico – sono stati svegliati da un’altra figlia che abita accanto. La sveglia messa come ogni giorno alle sei del mattino ha suonato ma i coniugi Carotenuto non l’hanno proprio sentita, intontiti e addormentati in un sonno profondo indotto dai banditi. Poi, il risveglio sconvolgente: la casa a soqquadro, spariti i pochi gioielli di famiglia, circa mille euro in contanti, e le cose più preziose trovate in casa. Simone Carotenuto ha chiamato i carabinieri della stazione di Boscoreale, competenti per territorio, che dopo un primo sopralluogo hanno rinviato la vittima del furto a recarsi in caserma per presentare una dettagliata denuncia. Secondo gli investigatori che hanno effettuato dei rilievi scientifici nell’abitazione, si tratta di ladri specializzati che hanno già agito in zona depredando abitazioni singole e più isolate. Dopo la sconvolgente scoperta, la famiglia Carotenuto ha dovuto fare i conti con il fatto di vivere in una zona di confine in preda di ladri e banditi e dimenticata da tutti. La banda specializzata in furti agisce quando gli abitanti delle case prese di mira sono in casa per evitare che ritorni improvvisi possano sconvolgere i piani. Dopo aver addormentato tutti prelevano indisturbati le cose più preziose e scappano indisturbati. L’episodio ha allarmato i residenti della zona. Quanto accaduto la notte scorsa nella striscia di periferia tra i comuni di Scafati, Boscoreale e Poggiomarino, potrebbe ripetersi di nuovo.
Scandalo del Tribunale di Torre Annunziata: cancellate le condanne per Ormanni, Vernola e altri 13
Torre Annunziata. Colpo di spugna per il processo all’ex procuratore della Repubblica Alfredo Ormanni. Il tempo cancella la condanna a sei anni di reclusione inflitti in primo grado dai Giudici del Tribunale di Roma. Ieri pomeriggio, per i 21 imputati finiti dinanzi alla Corte d’Appello di Roma – presidente Raffaele Montaldi – solo quattro condanne per coloro che avevano rinunciato alla prescrizione. Due le assoluzioni nel merito che rappresentano una vittoria per imputati e difensori. I giudici hanno infatti assolto Emilia Salomone, condannata in primo grado a tre anni e sei mesi di reclusione e poi licenziata dal Ministero. L’ex dipendente del Modello 12 del Tribunale, difesa dall’avvocato Francesco Matrone, è stata assolta perché il fatto non costituisce reato. Assoluzione nel merito anche per Sergio Profeta, esponente delle forze dell’ordine, difeso dall’avvocato Giuseppe Ferraro. Per Profeta i giudici dell’Appello hanno utilizzato la formula del ‘fatto non sussiste’. Confermate le condanne inflitte in primo grado per Raffaele Forte, Giosuè Limodio, Antonio Di Michele e Maurizio Di Venosa. Questi avevano rinunciato alla prescrizione. Salvi invece gli altri 15 imputati, personaggi eccellenti finiti nell’inchiesta per i mandati di pagamento fasulli, rimborsi per missioni all’estero, auto di lusso e festini organizzati con la complicità del cancelliere capo Domenico Vernola, finito in manette nell’indagine che sconvolse il Tribunale di Torre Annunziata. Quattordici anni dopo quello scandalo italiano in cui sparirono oltre 30 miliardi delle vecchie lire dalle casse del Tribunale oplontino e dello Stato sono stati in pochissimi a pagare con una condanna. Emilia Salomone licenziata dopo la condanna di primo grado ora arriva il momento della rivalsa. Aveva sempre sostenuto la sua innocenza, nessuna complicità con il cancelliere capo che si autoliquidava mandati di pagamento incassando personalmente i soldi che dovevano essere utilizzati per spese di giustizia. In primo grado erano state comminate 21 condanne nei confronti dei 26 imputati, cinque erano stati assolti per prescrizione. Il tempo ha cancellato altre 15 condanne pesantissimi nei confronti di dipendenti pubblici, per i quali fu disposto anche il licenziamento, per i rappresentanti delle forze dell’ordine e l’ex magistrato. In tutto 91 anni di carcere per associazione per delinquere, finalizzata al peculato, falso e riciclaggio per episodi accaduti tra il 1994 il 2002 . L’ex procuratore Alfredo Ormanni fu condannato a sei anni di reclusione per i mandati emessi dal 15 gennaio del 2001 al 24 settembre del 2002, mese in cui Vernola scappò dal Tribunale e finirono viaggi, festini e regali, per i mandati precedenti al 2001 Ormanni aveva già avuto la prescrizione dei reati, come pure per i viaggi di cui aveva beneficiato grazie alle regalie di Vernola. Viaggi pagati da Domenico Vernola con i soldi dello Stato, a Ormanni e ai suoi familiari, in mete esotiche. Ormanni aveva raccontato che le firme apposte su quei mandati non erano sue, ma ricalcate, una versione che non convinse i giudici che – a fronte di una richiesta di 2 anni e 8 mesi – calcarono la mano con una condanna pesantissima. Una pena cancellata, ieri pomeriggio, dopo una lunga camera di consiglio dai giudici della terza Corte d’appello di Roma. Prescritti anche i reati per Domenico Vernola, al quale furono inflitti altri 5 anni in continuazione per i mandati emessi dal 2001 al 2002, oltre ai quattro che gli erano stati comminati con rito abbreviato anni prima. Cancellate le condanne per i fratello di Domenico Vernola, Mario e Vladimiro e per la moglie Fulvia Mayer, la figlia Stefania accusati di aver riciclato i soldi sottratti dal Tribunale di Torre Annunziata e dal Ministero della Giustizia per acquistare appartamenti e beni di lusso. Cancellate e condanne variabili dai 3 ai 3 anni e 8 mesi inflitte agli esponenti delle forze dell’ordine che avevano beneficiato dei rimborsi per missioni inesistenti, restano le conferme solo per Forte, Limodio, Di Michele e Di Venosa che avevano rinunciato alla prescrizione confidando in una sentenza di assoluzione nel merito. Prescritti i reati e la condanna anche per Vincenzo Vacchiano, ex comandante della stazione di Vico Equense che partecipò alle indagini per la scomparsa di Angela Celentano e ad altre famose inchieste tra le quali Cheque to Cheque. Negli anni d’oro della Procura e del Tribunale di Torre Annunziata, più volte alla ribalta della cronaca per indagini che valicavano i confini della penisola, si spendevano centinaia di milioni di lire per cimici, intercettazioni, missioni all’estero. A liquidare i rimborsi era sempre il supercancelliere Domenico Vernola, con l’avallo del Procuratore capo Ormanni. Nell’ottobre del 2002, un mandato di arresto chiesto dall’allora sostituto procuratore Francesco Paolo Rossetti, nei confronti Vernola fece finire i fasti e la fama nazionale. I potenti caddero. Quattordici anni dopo il tempo ha cancellato anni di indagini e di ruberie. Trenta miliardi volatilizzati dei quali gli imputati e in particolare Alfredo Ormanni, ora potrebbero dar conto alla Corte dei Conti. (r. f.)
LE CONDANNE
ORMANNI ALFREDO
Prescrizione (sei anni)
SALOMONE EMILIA
assoluzione perché il fatto non costituisce reato (3 anni e 8 mesi)
VERNOLA DOMENICO
prescrizione (5 anni)
VERNOLA MARIO
Prescrizione (5 anni)
VERNOLA SALVATORE
Prescrizione (3 anni)
VERNOLA STEFANIA
prescrizione (3 anni)
MEYER FULVIA
prescrizione (5 anni)
L’INFANTE REGINA
prescrizione (5 anni)
PICCOLO GIUSEPPE
prescrizione (5 anni)
PICCOLO MARIO
prescrizione (5 anni)
PICCOLO RAFFAELE
prescrizione (5 anni)
MAYER VLADIMIRO
prescrizione (5 anni)
VACCHIANO VINCENZO
prescrizione (4 anni)
PISCIOTTA MASSIMO
prescrizione (5 anni)
ABETE GIUSEPPE
prescrizione (4 anni e 6 mesi)
DI VENOSA MAURIZIO
confermata la condanna a 4 anni
LIMODIO GIOSUÈ
confermata la condanna a 4 anni
PROFETA SERGIO
assolto perché il fatto non sussiste (3 anni e 8 mesi)
FORTE RAFFAELE
confermata la condanna a 3 anni e 8 mesi
IZZO GIORGIO
prescrizione (3 anni e 8 mesi)
DI MICHELE ANTONIO
confermata la condanna a 3 anni e 8 mesi
Giugliano: la polizia sventa rapina a un portavalori a Lago Patria
Una rapina ad un furgone portavalori è stata sventata nella prima mattinata dalla polizia tra Lago Patria, alla periferia di Giugliano , e Castel Volturno. Alcuni banditi, secondo una prima ricostruzione della polizia, hanno tentato di bloccare il mezzo che portava un’ingente somma di denaro: più di un milione di euro. Lungo la strada, secondo quanto riferito dagli investigatori, è stato dato alle fiamme un altro veicolo con l’intento di bloccare il traffico. La rapina non si è consumata grazie al tempestivo intervento di una pattuglia del commissariato di Giugliano, diretti dal primo dirigente Pasquale Trocino. Gli agenti hanno spento le fiamme. Sul posto è stata recuperata anche una pistola, una Beretta.
Palma Campania: La Guardia di Finanza scopre un falso odontotecnico
La Guardia di Finanza di Napoli ha individuato un odontotecnico 36enne di Palma Campania (Napoli) che, oltre alla normale attivita’, si dedicava illecitamente all’esercizio della professione di dentista. Le fiamme gialle, nel corso della perquisizione dei locali, carenti peraltro di ogni cautela igienico-sanitaria, hanno rinvenuto diversi medicinali, tra i quali anestetici, fili per sutura chirurgica e strumenti tipici per la cura e l’estrazione dei denti, oltre a numerosi referti clinici “odontoiatrici”. Al termine dell’attivita’, sono stati sequestrati un riunito odontoiatrico, referti radiografici, fiale di anestetico ad esclusivo uso odontoiatrico nonche’ materiale e strumentazione medica di diverso genere, mentre il falso dentista e’ stato denunciato alla procura della repubblica di nola per il reato di esercizio abusivo di professione. Lo stesso e’ anche risultato completamente sconosciuto al fisco per non aver presentato le dichiarazioni dei redditi dal 2010.
Confiscato l’impero dei Righi: 80 milioni di euro di proprietà in tutta Italia. Erano i titolari della trattoria da “Ciro” in via Foria
I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma hanno dato esecuzione a un decreto di confisca dei beni emesso dal Tribunale di Roma-III Sezione Penale specializzata per l’Applicazione Misure di Prevenzione, nei confronti degli imprenditori Luigi, Antonio e Salvatore Righi e di Alfredo Mariotti, i primi tre arrestati dai Carabinieri di Roma nel gennaio 2014. Il provvedimento si basa sull’accertata pericolosita’ sociale dei predetti soggetti, fondata sul loro coinvolgimento in traffici delittuosi gestiti dalla camorra napoletana. I beni confiscati, gia’ sottoposti a sequestro di prevenzione nel gennaio 2014 su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, sono attualmente gestiti dagli amministratori giudiziari nominati dal Tribunale. Il procedimento di prevenzione si innesta nel contesto di una complessa ed articolata indagine avviata autonomamente dal Nucleo Investigativo Carabinieri di Roma, convenzionalmente denominata “Margarita”. I tre citati imprenditori napoletani Antonio, Luigi e Salvatore Righi, partendo dalla gestione della piccola pizzeria del padre (“da Ciro”) sita a Napoli in via Foria, si erano trasferiti negli anni 90′ a Roma, ove in poco tempo erano diventati proprietari di fatto di una holding di societa’ attive nella gestione di numerosissimi ristoranti/pizzeria ubicati nelle principali vie di pregio del centro storico della Capitale, con un volume d’affari palesemente sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati. Sull’ascesa imprenditoriale della famiglia Righi sicuramente ha influito il loro coinvolgimento nel sequestro di persona a scopo di estorsione di Luigi Presta, avvenuto a Napoli nel 1983. All’epoca, Ciro, la moglie e i figli Luigi, Salvatore e Antonio Righi furono arrestati, poiche’ sospettati di aver riciclato parte del riscatto di un miliardo e settecento milioni di lire pagato dalla famiglia Presta per ottenere la liberazione del loro congiunto; a conclusione di un tortuoso iter giudiziario, Luigi e Salvatore furono condannati per riciclaggio. Le indagini della Dda di Roma e dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma hanno dimostrato che l’impero economico dei fratelli Righi veniva gestito con modalita’ illecite, mediante una rete di societa’ intestate a prestanome, finalizzate al reimpiego e all’occultamento di ingenti risorse economiche di provenienza illecita ed alla sottrazione delle imprese acquisite e gestite con il denaro sporco a possibili misure di prevenzione patrimoniale. I fratelli Righi, quindi, sono emersi quali stabili riciclatori per conto della camorra napoletana, al servizio, in particolare, del clan Contini, ai cui dirigenti Giuseppe Ammendola e Antonio Cristiano, Salvatore Righi corrispondeva periodicamente somme di denaro contante, costituenti il provento delle attivita’ riciclatorie svolte per conto del clan (cd. operazioni di money back). Il vincolo con il clan Contini non impediva peraltro ai Righi di proporsi quale punto di riferimento sulla Capitale per altri sodalizi camorristici, prescindendo dagli equilibri e delle alleanze tra i vari clan napoletani; del resto l’esperienza investigativa ha spesso evidenziato come ai riciclatori non venga richiesto quell’impegno di fedelta’ esclusiva normalmente preteso dagli affiliati appartenenti alle componenti militari dei clan. Le indagini dei Carabinieri di Roma hanno infatti rivelato la vicinanza di Antonio Righi anche al clan Mazzarella, avendo egli svolto attivita’ di riciclaggio e supporto logistico per conto di Oreste Fido, reggente del gruppo di Paolo Ottaviano operante in zona Mercato-Santa Lucia a Napoli, nonche’ la vicinanza di Ivano Righi, figlio di Salvatore, al clan Amato-Pagano, cosiddetti degli “scissionisti” di Secondigliano. A Napoli dopotutto, la famiglia Righi ha negli anni mantenuto delle basi operative rappresentate da alcuni locali e dal Centro Sportivo e dalla Societa’ Sportiva “Mariano Keller”, titolare di una squadra di calcio attualmente militante nel campionato di Serie D girone H. Il mondo del calcio delle serie minori e’ un settore in cui i Righi hanno nel tempo investito per impiegare le ingenti somme di denaro nero a loro disposizione e, in tale ambito, le indagini hanno svelato un intervento del clan Contini, su richiesta di Salvatore Righi, nei confronti di alcuni calciatori del Real Marcianise, affinche’ perdessero un incontro con il Gallipoli Calcio che, a conclusione della stagione 2008/2009 del campionato di Lega Pro, girone B, aveva bisogno di una vittoria, effettivamente avvenuta, per accedere alla serie B. L’accertamento dell’affiliazione, quali concorrenti esterni, dei tre fratelli Antonio, Luigi e Salvatore Righi a clan camorristici napoletani ha determinato lo spostamento da Roma a Napoli della competenza giurisdizionale sul procedimento, con il conseguente invio degli atti alla Procura della Repubblica – Dda – di Napoli che, valutando il corposo quadro indiziario gia’ acquisito dalla Dda e dai Carabinieri di Roma, peraltro suffragato dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, lo ha messo a sistema con i risultati di un piu’ ampio lavoro investigativo sul clan Contini. Nell’ambito del procedimento di prevenzione, avviato su proposta del Nucleo Investigativo di via in Selci nel contesto della citata indagine, si e’ proceduto, nel gennaio 2014 e nei mesi successivi, in esecuzione di decreti di sequestro anticipato emessi dal Tribunale di Roma, su richiesta della Procura della Repubblica di Roma – Dda di Roma al sequestro finalizzato alla confisca dei beni e rapporti finanziari riconducibili ai Righi e al Mariotti. Il provvedimento di confisca odierno colpisce la quasi totalita’ dei citati beni e rapporti finanziari, per un valore complessivo di oltre 80 milioni di euro e in particolare: 28 esercizi commerciali di bar/ristoranti/pizzerie, ubicati a Roma (24), Napoli e Provincia (3) e Gabicce Mare (1); 41 beni immobili ubicati in Roma (16 fabbricati), Napoli (12 fabbricati), Caserta (5 fabbricati), Benevento (7 terreni), Rieti (1 terreno); 385 rapporti finanziari/bancari; 76 veicoli, di cui 57 autovetture, 1 roulotte, 18 motocicli; 77 societa’ titolari di parte dei suddetti beni; 300mila euro di denaro contante rinvenuti nel corso delle operazioni.
Appalti, politica e camorra: arrestato l’ex sindaco di Grazzanise con sei impreditori e il responsabile dell’ufficio tecnico
Grazzanise. Associazione per delinquere di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, turbata libertà degli incanti, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale, intestazione fittizia di beni e reati in materia di armi, tutti con l’aggravante del metodo mafioso. Sono queste le accuse contestate, a seconda delle singole posizioni, ad 8 persone arrestate (di cui 6 in carcere e 2 agli arresti domiciliari) nelle prime ore del mattino nella provincia di Caserta dai carabinieri della compagnia di Santa Maria Capua Vetere, in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare. Tra gli arrestati figura anche Enrico parente, ex sindaco di Grazzanise e medico, già coinvolto nell’inchiesta per la latitanza del boss Michele Zagaria. Gli accertamenti hanno portato al coinvolgimento sia dell’ex sindaco che dell’attuale responsabile dell’ufficio tecnico del comune di Grazzanise oltre ad alcuni imprenditori casertani. Il provvedimento restrittivo è stato deciso dal gip del tribunale di Napoli su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. Le indagini hanno consentito di acclarare per gli anni 2008 e 2009, le infiltrazioni della criminalità organizzata nel comune di Grazzanise ed i rapporti intrattenuti, dall’allora primo cittadino, con soggetti legati al clan “dei Casalesi”. Nel mirino degli inquirenti i lavori per la realizzazione del collettore fognario, che sarebbero andati a ditte collegate al clan camorristico. Prima dell’arresto di stamani Parente era già stato coinvolto in inchieste della Dda partenopea in quanto accusato di essersi recato nel 2009 in Austria per visitare il boss Michele Zagaria durante la latitanza; per questo fu anche condannato a due anni di carcere per favoreggiamento aggravato. Tra gli imprenditori arrestati oggi figura poi Alessandro Zagaria, già finito in carcere la scorsa settimana perché coinvolto nell’altra inchiesta antimafia sul vicino Comune di Santa Maria Capua Vetere, per la quale è stato arrestato l’ex sindaco Biagio Di Muro ed è stato indagato l’ormai ex presidente del Pd campano nonché consigliere regionale Stefano Graziano.
Enrico Parente, è accusato di concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso; l’imprenditore Alessandro Zagaria, già coinvolto nell’inchiesta sull’ex sindaco di Santa Maria Capua Vetere Biagio Di Muro e il consigliere regionale Stefano Graziano; e l’attuale responsabile dell’ufficio tecnico di Grazzanuse Maurizio Malena, ai domiciliari. L’ex sindaco di Grazzanise nel 2013 e’ stato già condannato in primo grado per aver favorito la latitanza del boss Michele Zagaria.Parente, medico, fu condannato a due anni per favoreggiamento. Secondo la ricostruzione che fecero gli investigatori, 24 gennaio 2009 Parente, a bordo della sua Alfa 166, partì da Grazzanise per raggiungere Innsbruck, in Austria, per curare il capoclan all’epoca latitante, inserito nell’elenco dei trenta ricercati più pericolosi d’Italia. Il viaggio doveva rimanere segreto ma gli inquirenti lo intercettarono perchè pochi giorni prima qualcuno aveva sparato colpi d’arma da fuoco contro la sua auto e così i suoi telefoni erano stati messi sotto controllo. Parente, espressione di centrodestra, è stato sindaco di Grazzanise per due mandati consecutivi.
Negli anni 2008-2009 il Comune di Grazzanise, secondo la Dda della Procura di Napoli, era ”pesantemente infiltrato” dal clan dei Casalesi, tanto che numerose gare d’appalto, tra cui la più importante relativa ai lavori per la realizzazione del collettore fognario, del valore di tre milioni di euro, fu aggiudicata ad imprenditori facenti riferimento al clan allora guidato da Nicola Schiavone, figlio del capoclan Francesco “Sandokan” Schiavone. Questo è quanto emerge dall’ultima inchiesta della Dda di Napoli su intrecci tra camorra, politica ed enti locali, che oggi si è abbattuta sul comune casertano con l’arresto di Parente, finito in carcere con altre cinque persone, tra cui gli imprenditori Francesco e Nicola Madonna, fratelli, e Alessandro Zagaria, che si sarebbero aggiudicati la gara. Il Gip del Tribunale di Napoli ha poi disposto i domiciliari per l’attuale responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Grazzanise Maurizio Malena e per l’imprenditore Carlo Noviello. L’ente fu anche sciolto per infiltrazioni camorristiche nel 2013 (si è tornati al voto nel 2015, ndr) dopo che emersero i legami tra Parente e il boss Michele Zagaria; l’indagine odierna trae spunto proprio da quell’inchiesta, ed è stata alimentata dalle fondamentali dichiarazioni di importanti collaboratori di giustizia del gruppo Schiavone come Roberto Vargas e dagli accertamenti compiuti dalla Commissione d’Accesso inviata dalla prefettura che, analizzando gli atti della gare d’appalto, ha scoperto numerose irregolarità e condotte illecite.
Le intercettazioni hanno incastrato il boss emergente Walter Mallo. Su Facebbok era amico con l’uomo ucciso a Bagnoli nella notte. IL VIDEO E LE FOTO
Erano amici su facebook Walter Mallo, il boss emergente arrestato dai carabinieri a NAPOLI e Luca Ciotola l’uomo, agli arresti domiciliari, ucciso nella notte nel quartiere Bagnoli. Tra i due, molto attivi sui loro profili nonostante Ciotola fosse in regime di detenzione, scambi di opinioni e di complimenti. “La vittoria – scrive Mallo il 6 febbraio scorso – è sempre nel pugno di pochi. Provare a preparare questa squadra di eroi è il segreto di ogni vittoria”. “Tu – gli risponde in dialetto Ciotola – fai o’ capitan”. La simultaneità dei due episodi, l’arresto e l’omicidio dei due amici avvenuti in posti diversi della città, potrebbe essere solo una coincidenza ma ha comunque attirato l’attenzione degli investigatori. L’ultimo commento di Ciotola ad un post di Walter Mallo risale al 15 aprile ed ha come oggetto l’odio condiviso per i collaboratori di giustizia. ‘Signori e signore – scrive Mallo – presto assisteremo al terzo pentimento del disonore. Cantano bene’ e Ciotola, sempre in napoletano ‘eee mo vann pur a s remo……..’ (sì, adesso vanno pure a Sanremo, ndr).La lettura di queste conversazioni, che costituiscono l’ossatura della misura cautelare, osserva il gip Francesca Ferri, consente “di non avere dubbi” sul fatto che nelle zone tradizionalmente controllate dai Lo Russo, e in particolare nel rione Don Guanella, “sia in corso una guerra di camorra. La lotta per la conquista del territorio, che significa controllo delle piazze di spaccio, e’ armata e i contendenti sono ben identificati”. Le intercettazioni, limitate perche’ il controllo tecnico e’ stato attivato da poco, indicano che il clan dei Capitoni e’ attaccato dai Mallo, gruppo emergente composto da giovani spregiudicati, armati e assolutamente disinvolti nell’uso di armi micidiali anche in strada, incuranti della presenza di passanti e di bambini”. Walter Mallo e i suoi amici Paolo Russo e Vincenzo Danise “sono cresciuti in contesti criminali”, annota il gip, ma “come commenta la madre di Walter (Lucia Mallo, ndr), che ha “condiviso le logiche criminali di alto livello di cui era partecipe il marito”, sono “mongoli”, vogliono fare i boss ma in modo sbagliato. Infatti danno fastidio a tutti, anche nel loro stesso quartiere, nel loro palazzo, addirittura occupando abitazioni assegnate ad altre famiglie”. Cosi’ emerge dalle intercettazioni ambientali quanto la donna sia preoccupata per il figlio; ne parla infatti anche con la madre di Vincenzo, Addolorata Menna, e le due donne concordano che, come scrive il gip, se i figli “continuano a comportarsi in questo modo il loro destino e’ segnato, saranno ammazzati. E allora, per le mamme dei giovani boss e’ meglio che vengano arrestati. A casa di Addolorata il 14 aprile scorso, mentre si commentano le indagini che hanno portato al sequestro di telecamere e armi nel rione, le due donne si dicono: “Stanno facendo proprio tarantelle ggrosse…. Sparano quaggiu’…una bambina di quattro anni stavano colpendo….ma che stiamo scherzando!… Manco se fosse uscito pazzo! Ma chi ne ha idea delle stupidaggini che fanno questi qui”. Ed ancora, rivolgendosi ai figli: “Andate…andate a fare le banche, che prendete quei tre o quattro anni di carcere…ma tu vai contro gente che sta da cinquant’anni qui (cioe’ i Lo Russo, ndr)”.La cronaca dello scontro tra clan nelle intercettazioni. E’ uno degli spaccati dell’inchiesta che ha portato i carabinieri a eseguire l’arresto stamani del boss dell’omonimo gruppo emergente a Napoli Walter Mallo e di due suoi uomini di fiducia, i 25enni Paolo Russo e Vincenzo Danise. Le conversazioni monitorate sono quelle avvenute all’interno delle abitazioni di Carlo Lo Russo, fratello del boss Antonio e arrestato pochi giorni fa per un omicidio, reggente del clan cui Walter Mallo ha deciso di fare guerra; in quella dello stesso Mallo; e in quelle dei due suoi fedelissimi finiti in manette. Il bottino che le due cosche si contendono e’ sempre quello dell’egemonia nelle piazze di spaccio. E il contenuto delle conversazioni, per i pm napoletani coordinati dall’aggiunto Filippo Beatrice, delinea uno scenario “allarmante” di sparatorie, raid e agguati. A Mallo, Russo e Danise, pero’, la misura cautelare contesta l’associazione a delinquere di stampo mafioso, di cui il 27enne e’ considerato promotore, e il possesso illegale di armi, in particolare 4 pistole e un fucile sequestrati il 14 aprile scorso in un palazzo all’isolato 59 del rione don Guanella, roccaforte del gruppo nel quartiere di MIano, lo stesso dei ‘capitoni’ Lo Russo.
Ha appena 26 anni Walter Mallo, il reggente e promotore del gruppo criminale nella zona del del Don Guanella, in lotta con gli altri clan per il controllo del territorio a Napoli. Per Mallo ed i suoi uomini di fiducia, Paolo Russo, 25 anni e Vincenzo Danise, 25 anni, sono scattate le manette questa notte. Ad eseguire ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal GIP presso il Tribunale di Napoli, su richiesta di questa DDA, i Carabinieri della Compagnia Napoli Vomero. Il provvedimento restrittivo si fonda sulle risultanze del lavoro investigativo svolto, in perfetta sinergia dalla Squadra Mobile di Napoli e dai Carabinieri della Compagnia Napoli Vomero che rispettivamente hanno monitorato le conversazioni registrate all’interno delle abitazioni di Carlo Lo Russo, in via Janfolla, e di Mallo Walter , Russo Paolo e Danise Vincenzo al Don Guanella . Il gruppo del Don Guanella al fine di conquistare l’egemonia criminale del rione ed il controllo in particolare delle piazze di spaccio, ha dato vita ad uno scontro armato con il clan dei cd. Capitoni egemone da anni su quel territorio .. Il contenuto dei dialoghi registrati ha consentito di delineare uno scenario allarmante di sparatorie reciproche culminato nel recente ferimento del Mallo . Agli indagati, oltre al reato associativo, sono contestati altresi’ i reati di detenzione di armi, 4 pistole, 1 fucile e diverse munizioni sequestrate a carico di ignoti il 14 aprile 2016 nel corso di una operazione congiunta di Carabinieri e Squadra Mobile all’Isolato 59 del rione Don Guanella.“La pazienza e’ saggezza”, scriveva il 16 aprile sul suo profilo Facebook, Walter Mallo, il pregiudicato 27enne arrestato questa notte dai carabinieri, e citava icone della sinistra come Fidel Castro e Che Guevara. Ma la pazienza non sembra la virtu’ da lui piu’ praticata, dato che si e’ fatto la fama di giovane rampante con intenzione di scalare le vette criminali in poco tempo, prima prendendo il controllo del rione Sanita’ al clna Vastarella, poi del rione Don Guanella, eliminando i Lo Russo. E sul social metteva nero su bianco che nella vita fa la “ricotta”, che a Napoli vuol dire non far nulla, e che oltre ad aver studiato all’universita’ ‘Federico II’ attualmente vive a New York. Fantasie spacciate per realta’. Come quando scrive il 15 aprile: “Il destino non ha potuto fare altro che abbassarsi ai miei piedi, cio’ che voglio io lo raggiungo”. Intanto nel suo quartiere, Miano, si spara e si uccide, e lui stesso scampa a un agguato a Capodimonte. Mallo tratteggia il suo profilo in poche righe e sotto colleziona 32 ‘mi piace’: “Vengo dalla vecchia guardia, quella fatta da uomini con valori, la loro umilta’ mi e’ stata trasmessa e la portero’ avanti sempre. Il sangue onorato vincera’”. Il 2 marzo sulla pagina, che non porta il suo nome e cognome, ma un nome composto ‘Water EMara’ scrive ancora: “La punizione al disonore non avra’ fine e sara’ sempre l’inizio”; e poi il 13 febbraio: “Questa e’ la nuova era, le nuove leve con il codice della vecchia guardia”, messaggi che diventano spot per i giovani del clan, che vengono condivisi e commentati. Il boss emergente cita Fidel Castro: “Patria o morte” e Che Guevara: “Hasta la victoria, siempre”. Infine nel giorno dell’omicidio di Giuseppe Calise, avvenuto a Miano il 4 febbraio, ritenuto un suo uomo, attacca gli “infami di merda” e i “giornalisti falliti”. “Fratello mio, un’anima buona come la tua non meritava questo. Avrai potuto fare tutti gli sbagli che diranno ma sono stati infami e la pagheranno”, la promessa.
(video di andrea setaro tratto da youtube.it)


