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Castellammare: Il M5S “copia” lo sportello microcredito dal Forum dei Giovani, scoppia la polemica

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Il Movimento 5 stelle propone l’istituzione di uno sportello microcredito ma….esiste già. E’ quanto accaduto a Castellammare di Stabia. Nei punti del programma presentato dal movimento che fa capo a Beppe Grillo, incredibile ma vero, compare lo “Sportello Microcredito”. Il servizio era stato attivato, per l’onor del vero, a metà dicembre dal Forum dei Giovani e da allora ha fornito gratuitamente assistenza a diversi ragazzi stabiesi per ottenere dei finanziamenti. Ed è polemica. Con una dura presa di posizione dell’intero Consiglio del Forum dei Giovani che, lo ricordiamo, è un organo istituzionale alle dirette dipendenze del Comune di Castellammare. Non fanno sconti i “rappresentanti” dei giovani stabiesi:

« La piattaforma programmatica presentata dal M5S Stabiese per le prossime elezioni amministrative ha un’aria molto familiare – si legge nel comunicato a firma di tutto il Consiglio del Forum dei Giovani –  tante iniziative che, nonostante le pessime condizioni in cui versa l’ente, sono già operative e sufficientemente funzionali. In particolare, per quel che ci riguarda , apprendiamo con piacevole stupore inoltre, che il Movimento abbia deciso di inserire nel proprio programma l’istituzione di uno Sportello Microcredito; proposta lodevole ma che allo stesso tempo lascia qualche perplessità: tale sportello informativo infatti in città esiste già ed è gestito dai Consiglieri del Forum dei Giovani.  Oltre ad essere a disposizione ogni sabato mattina, riceviamo su appuntamento per tutto il resto della settimana con una semplice chiamata al nostro numero 3664892735.
Tutti coloro che si rivolgono a noi vengono aiutati a sviluppare la propria idea progettuale e ad individuare la linea di finanziamento che più si addice al proprio progetto. Successivamente i beneficiari vengono inviati presso dei commercialisti convenzionati per sbrigare tutte le pratiche necessarie ad accedere ai fondi che occorrono . Oltre ciò, abbiamo anche istituito un servizio di news che pubblichiamo sottoforma di note sulla nostra pagina Facebook www.facebook.com/FdGStabia dove è possibile informarsi su tutte le nuove opportunità di finanziamento presenti a livello regionale, nazionale ed europeo.
Poiché abbiamo intenzione di rendere questo servizio sempre più incisivo, chiediamo a chi sia veramente interessato di contattarci per aiutarci a potenziare lo sportello, a diffonderlo e a farlo rimanere aperto più giorni, a prescindere dalle elezioni.
Dato l’assottigliarsi dell’organico comunale, l’esistenza dello sportello che abbiamo istituito, organizzato sulla base di volontari, è lo strumento migliore per garantire un servizio di qualità in cui gli addetti abbiano un solo ed unico impegno, non ricoprendo tante altre mansioni come oramai capita agli impiegati comunali.  Castellammare di Stabia e in particolare la popolazione giovanile merita e si aspetta altro dalla politica cittadina. Le politiche giovanili sono il vero volano di sviluppo della nostra città: attraverso la valorizzazione e la tutela della sua più grande risorsa, i giovani appunto, questa città può emergere dalla melma in cui da anni ,purtroppo, è impantanata. Confidiamo, nelle settimane che verranno, di poter apprezzare piattaforme programmatiche in cui la parolina “Giovani” sia utilizzata più spesso e soprattutto con cognizione di causa. Basta slogan elettorali che giocano sulla pelle delle nuove generazioni» concludono i consiglieri del Forum.

 


Arrestati sei esponenti del clan Polverino. Coinvolto anche un carabiniere della tenenza di Marano

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I carabinieri del nucleo investigativo di Napoli hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di sei persone ritenute legate al clan Polverino e responsabili in concorso di spaccio nonché di aver ottenuto, attraverso la corruzione di un militare dell’Arma, informazioni riservate. Quattro persone sono finite in carcere, una ai domiciliari, mentre per un’altra è scattato il divieto di dimora nelle province di Napoli e Caserta. Il provvedimento trae origine dall’indagine avviata nel 2015 dai carabinieri di Napoli, con il coordinamento della Dda, contro il clan Polverino, attivo a Marano, nell’area nord della provincia partenopea, e che ha già portato a numerosi arresti. Dalle indagini è emerso il ruolo dei pluripregiudicati ritenuti vicini alla cosca composta da elementi del gruppo dei Polverino, dei Nuvoletta e del gruppo emergente degli Orlando, particolarmente attivi nel traffico e nello spaccio di droga. Tre persone sono state arrestate per traffico di sostanze stupefacenti, occasione in cui sono stati sequestrati 80 chili di marijuana, una pistola a salve calibro 9 e 4.890 euro. Emerso anche il legame tra gli stessi e il carabiniere in servizio nella tenenza di Marano che, in cambio di favori anche di natura economica, ha fornito informazioni riservate a uno degli indagati, omettendo atti dovuti e compiendone di contrari ai propri doveri d’ufficio. Alla luce anche il rapporto corruttivo tra uno dei soggetti indagati e due militari – quello di Marano e un altro – che hanno ricevuto in cambio dei loro favori la promessa di un’intercessione con i vertici dell’arma locali e romani per ottenere il trasferimento al nucleo investigativo di Castello di Cisterna, competente per le indagini di criminalità organizzata anche sull’area di Marano.

La sorella di Caputo: “Fu la mamma di Antonio a gettarlo giù dal balcone al parco Verde”

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Ai microfoni di Fanpage.it parla la sorella di Raimondo Caputo, accusato di essere l’orco che ha violentato e ucciso brutalmente la piccola Fortuna Loffredo gettandola dall’ultimo piano del palazzone dell’Iacp al Parco Verde di Caivano. La donna riferisce che un anno prima, quando cadde con modalità simili il figlio di Marianna Fabozzi, Antonio Giglio, lei era presente nella casa. Smentisce la versione ufficiale fornita dalla donna, secondo cui il piccolo era caduto perché si era sporto troppo per guardare l’elicottero dei carabinieri durante un blitz contro le piazze di spaccio. Secondo la sorella del presunto orco: “La Fabozzi aveva in braccio Antonio e si era affacciata con lui. Io credo che lo abbia spinto lei giù, perché lei lo aveva preso in braccio”. La coppia si recò a casa della donna per convincerla a mentire ai carabinieri che stavano conducendo le indagini: “Venne Titò qua e mi disse che dovevo mentire agli inquirenti. L’ho fatto picchiare dalle donne mie amiche, perché anche io sono una mamma e non posso pensare di non dire la verità su quello che ho visto”.

Ercolano, la moglie di Oliviero: “Basta aspettare, o ci sarà una sommossa popolare”

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Dopo 15 giorni di attesa, silenzio e rassegnazione ora Rosa Imperato, moglie del comandate Giulio Oliviero scomparso con il suo pescherecchio la notte del 19 aprile scorso nelle acque del mare di Gaeta insieme con i due marinai tunisini, ha deciso di alzare la voce: “Sono passata dal dolore alla rabbia. Le Istituzioni non perdano più tempo e ci restituiscano al più presto i corpi dei nostri cari, altrimenti mobilitiamo l’Italia. Non capisco perché si debba aspettare tutto questo tempo. Mio marito e i due collaboratori hanno sempre pagato le tasse allo Stato Italiano e adesso meritano rispetto e attenzione: la stessa prestata ai profughi al largo di Lampedusa. Non è possibile che a due settimane dall’accaduto io non sappia ancora se mio marito sia vivo o morto. Se non c’è più, esigo che sia lui sia i due marinai abbiano un funerale e degna sepoltura. Se non si provvede subito al recupero dei corpi sarà sommossa e avremo dalla nostra parte persone provenienti da varie parti d’Italia”. Dopo la perlustrazione di venerdì scorso del relitto grazie ad un robot che è stato calato a 62 metri di profondità, l’opera di ispezione subacquea si è arrestata: bisogna aspettare oltre il 15 maggio, data fissata come utile dalla Marina Militare per l’invio di una nave dotata di una squadra speciale di palombari abilitati a scendere a quella profondità. Ma la famiglia di Oliviero, affidatasi all’avvocato Antonio Crisci, non vuole più aspettare.

Sorrento: indagine della Corte dei Conti sulle spese facili al comune

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La Procura regionale della Corte dei conti e la Guardia di finanza di Massa Lubrense stanno indagando  sulle spese di  concerti e spettacoli degli ultimi tre anni, ma anche il suolo pubblico occupato da commercianti e ristoratori all’esterno dei rispettivi locali. Secondo gli inquirenti amministratori e funzionari finiti nel mirino sarebbero responsabili di un danno erariale da centinaia di migliaia di euro.Al centro dell’inchiesta sono finiti il concerto di Irene Grandi, svoltosi nel chiostro di San Francesco l’11 agosto 2014, e lo spettacolo dei comici della trasmissione televisiva “Made in Sud” al campo Italia il 6 agosto 2013. si vuole capire come sono stati gestiti i fondi. La Guardia di finanza negli ultimi giorni hanno acquisito documenti fondamentali per le indagini.Il secondo filone d’inchiesta, invece, riguarda l’occupazione del suolo pubblico da parte di commercianti e ristoratori. Secondo gli inquirenti, alcuni di essi pagherebbero al Comune  soltanto una parte del canone previsto. E se così fosse  i dirigenti di Piazza Sant’Antonino dovrebbero rispondere di un danno erariale da centinaia di migliaia di euro.

Omicidio Guidone: condanne per 120 anni di carcere ai Prinno

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Omicidio Guidone: condannati i Prinno. Trent’anni di reclusione, con rito abbreviato per Vincenzo e Giuseppe Prinno e i figli Ezio e Antonio. A sedici anni dall’omicidio efferato di Rua Catalana arriva la prima sentenza per l’omicidio di Bruno Guidone, alias ‘Brunello’ braccio destro del defunto padrino dei Quartieri Spagnoli, Antonio Ranieri, detto Polifemo. Il Gup Egle Pilla ha condannato i quattro, accogliendo le richieste dal pm della Dda, a 30 anni di reclusione ciascuno per omicidio, prescritti il reato di possesso di armi. Brunello pagò con la vita la sua scelta di ‘campo’ fatta per aver scelto di stare con Ranieri che dopo la sua scarcerazione si era avvicinato all’Alleanza di Secondigliano, in particolare ai Licciardi, distaccandosi dai Prinno. Al centro della contesa tra clan anche la richiesta di tangente inoltrata ad un’impresa che lavorava nel porto di Napoli, allora sotto l’egida della cosca dei Prinno di Rua Catalana, legati a doppo filo con i Misso e i Mazzarella. Brunello fu trucidato in un garage, nessun colpo di pistola che si inceppò, ma ammazzato a colpi di pala. I killer gli sfondarono il cranio, una scena del delitto raccapricciante. Ad indicare i Prinno come mandanti e esecutori dell’efferato delitto alcuni collaboratori di giustizia, allora inseriti nei clan dei Quartieri e del Rione Sanità. Insieme a quei tasselli messi insieme dalla Dda, anche le dichiarazioni di un meccanico – poi ritrattate – che nel 2012 portarono all’incriminazione degli esponenti del clan. L’uomo raccontò che il giorno dell’omicidio Ezio Prinno gli aveva tolto le chiavi del deposito dal mazzo e gli aveva intimato di non entrarci. A rafforzare quella versione le rivelazioni di Pasquale Rosario De Crescenzo, ultimo pentito dei Quartieri Spagnoli, il quale dichiarò nel 2010: “S. D. L., prima dell’estate del 2007, mi avvicinò per dirmi che aveva dei problemi con i fratelli gemelli Prinno, figli di Giuseppe, il capoclan, i quali lo avevano minacciato di morte ritenendolo responsabile di aver messo in giro la voce che gli autori dell’omicidio di Bruno Guidone detto “Brunello”, avvenuto anni addietro, erano Giuseppe Prinno e il figlio Antonio. S. mi disse che lui aveva effettivamente assistito all’omicidio di Brunello”.

Antibracconaggio a Ischia, trovate armi e trappole: arresti domiciliari per un 63enne

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Un uomo di 63 anni, Filippo Di Meglio, è finito ai domiciliari nel corso di una vasta operazione anti bracconaggio della Polizia di Stato e delle guardie WWF a Ischia. L’uomo è accusato di detenzione di armi clandestine, ricettazione e possesso di trappole per la fauna selvatica. Nel corso dei controlli tra Ischia e Barano, Di Meglio è stato trovato in possesso di 3 fucili, uno di questi con la matricola cancellata; uno completamente privo di matricola e uno con matricola ma risultato ai terminali del Ministero dell’Interno di provenienza furtiva. L’uomo è stato arrestato e posto ai domiciliari. Nel corso di un’altra operazione la pattuglia mista PS-WWF ha trovato sulle zone collinari di Buonopane due secchi di plastica gremiti di fiori di marijuana per un peso complessivo di un chilo e mezzo. Dopo un appostamento è stato fermato un uomo che successivamente è stato denunciato.

Il figlio del boss Giannelli lancia la sfida su Fb ai suoi sicari “Infami mi avete graffiato….” e posta la foto col dito medio alzato

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Una sfida, un segnale a chi ha provato ad ucciderlo. Senza timori. Anzi. Sono queste le nuove leve dei clan. I giovani che usano e amano la tecnologia e che attraverso i social mandano segnali ad amici e nemici. E ieri il giovane figlio del boss emergente dell’area Flegrea, Alessandro Giannelli (arrestato da latitante il 9 febbraio sull’autostrada in direzione Roma mentre cercava di allontanarsi da Napoli), dopo che domenica sera era rimasto ferito in un agguato in via Cavalleggeri d’Aosta ha postato sul suo profilo facebook una foto dal letto dell’ospedale con il dito medio alzato e  la scritta sotto “Massa di infami, mi avete solo graffiato ma noi cammineremo sempre a testa alta mentre voi la testa alta l’avete solo quando camminate con gli infami come voi”. Un messaggio che si commenta da solo. Il ferimento di cui è rimasto vittima il 17enne è il segnale ulteriore della guerra in atto nell’area che va da Bagnoli fino a Pianura e Soccavo passando per il rione Traiano e che vede coinvolti da una parte i vecchi boss come i Pesce-Marfella-Foglia e dall’altro la nuova e potente alleanza tra i Romano-Lago-Sorianiello- Giannelli. Quattro colpi alle gambe per il 17enne. Un avvertimento. Un segnale inequivocabile. Secondo quanto da lui stesso dichiarato  alle forze dell’ordine, si trovava in via Cavalleggeri d’Aosta, nei pressi del bar gestito dal nonno.I sicari sarebbero arrivati in sella a uno scooter bianco e avrebbero cominciato a sparare colpendolo alle gambe. Sempre secondo quanto da egli stesso dichiarato si sarebbe rifugiato all’interno del bar nonostante fosse rimasto ferito senza vedere chi aveva fatto fuoco. Poi il ricovero all’ospedale Sa Paolo. Ma il suo racconto fa acqua da tutte le parti in quanto la polizia scientifica sul posto indicato come luogo dell’agguato non ha trovato tracce ematiche, ne bossoli tantomeno tracce di sangue. Cosa invece che la scientifica ha rilevato sul suo Honda Sh con una pallottola conficcata nella carena posteriore. Ora la squadra mobile proverà a fargli dire cosa e soprattutto dove è realmente accaduto. Intanto il 17enne ha lanciato la sfida ai suoi mancati sicari.


Sequestro di persona e rapina a Scafati, arrestato Barbato il 23enne coinvolto nell’omicidio Faucitano. Berretto era già finito in manette

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Scafati. Hanno sequestrato un imprenditore di San Valentino Torio per rapinarlo: è stato arrestato dai carabinieri del Reparto Territoriale di Nocera Inferiore Giovanni Barbato Crocetta, 23enne scafatese, già coinvolto nell’indagine per l’omicidio di Armando Faucitano. Barbato Crocetta è accusato di sequestro di persona, rapina e elesioni personali aggravate con la complicità di Francesco Berritto, 23enne anch’egli, già arrestato lo scorso 20 aprile. I militari hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari nei confronti Barbato Crocetta – su richiesta del pm Amedeo Sessa – per un episodio avvenuto il 19 aprile scorso. I carabinieri della Stazione di San Valentino Torio – a seguito della denuncia presentata da un imprenditore sanvalentinese – avevano avviato le indagini. La vittima aveva raccontato che mentre transitava nella zona periferica di Scafati era stato costretto a fermarsi da due giovani a bordo di un’auto. I due malviventi lo avevano percosso violentemente e lo avevano caricato a forza sulla loro autovettura per condurlo in una località isolata di campagna. Lì gli avevano sottratto il portafogli con il danaro, il telefono cellulare, ed altri effetti personali. Grazie alle indicazioni della vittima poche ore dopo i carabinieri fermarono Francesco Berritto che nel corso della perquisizione domiciliare fu trovato in possesso di 50 grammi di marijuana. Giovanni Barbato Crocetta, invece, si rese irreperibile. Ieri, Barbato Crocetta è finito in manette. Il 23enne fu arrestato a luglio dello scorso anno nell’ambito dell’omicidio di Armando Faucitano. Secondo l’antimafia, il pregiudicato aveva fornito – insieme a Gaetano Esposito, alias Ninotto – la moto Honda Sh di colore nero utilizzata dai killer che uccisero il pregiudicato il 26 aprile in Piazza Falcone e Borsellino. Giovanni Barbato Crocetta era stato poi scarcerato dal Gip. Ieri il 23enne scafatese è finito nuovamente in manette con l’accusa di sequestro di persona, rapina e lesioni.

Napoli: assegnati i primi 94 alloggi agli ex abitanti delle Vele di Scampia

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Sono 94 i nuclei familiari delle Vele di Scampia che questa mattina si sono presentati negli uffici comunali di Piazza Cavour a Napoli per scegliere la loro nuova casa. Dopo oltre trent’anni, sottolinea una nota del Comune, ”potranno finalmente avere un appartamento dignitoso tra gli alloggi di nuova costruzione in via Antonio Labriola e via Piero Gobetti. In base alla graduatoria e al numero dei componenti gli assegnatari hanno espresso la loro preferenza ed entro la fine del mese potranno trasferirsi nella nuove case”. Il piano prevede la mobilità di 188 famiglie in totale. ”Dopo 30 anni di attesa – sottolineano dall’assessorato al Patrimonio – tutti i nuclei familiari della graduatoria degli aventi diritti potranno in base al numero dei componenti del loro nucleo familiare essere assegnati agli alloggi nuovi. Tutti i trasferimenti saranno effettuati entro maggio perché le case sono pronte. Sono case senza alcun tipo di barriere architettoniche, regolarmente accatastate e pronte per la stipula dei contratti per tutte le utenze. Nessuno rimarrà indietro perché noi troveremo una soluzione anche per tutti gli altri che rimarranno per ora nelle Vele”.

Da Ranieri maglie autografate del Leicester al museo del calcio di Castellabate

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Accanto alla maglietta che il grande Pelé indossò nel film “Fuga per la vittoria”, da oggi ci sono anche le casacche di Westley Morgan e di Kasper Schmeichel, rispettivamente capitano e portiere del Leicester neo campione di Premier League, tra le 400e provenienti da tutto il mondo, in esposizione nel Museo del Calcio “Andrea Fortunato” di Castellabbate, nel Salernitano. A spedirle nel Cilento, insieme alla fascia di capitano di Morgane i guanti di Schmeichel, è stato l’allenatore delle Foxes, Claudio Ranieri, a cui tempo fa le aveva chieste Davide Polito, presidente dell’associazione Fioravante Polito, proprietaria del Museo. “Mi rivolsi al mister di persona”, dice Polito, e Ranieri, giovedì scorso, gliel’ha fatte pervenire. Ora fanno bella mostra di sé nella struttura che ospita, tra l’altro, anche una biblioteca. L’associazione è da anni impegnata per promuovere una legge che preveda il “passaporto ematico” obbligatorio per i giovani impegnati in attività sportive agonistiche. “Premiammo Claudio Ranieri nel 2010 con il premio ‘Andrea Fortunato’. All’epoca allenava la Roma, – ricorda Davide Polito – in quell’occasione fu proprio Ranieri, per la prima volta, a usare il termine ‘passaporto ematico’, riferendosi al l’importanza degli esami del sangue obbligatori per scongiurare malattie ematiche tra i tanti giovani che praticano attività sportive agonistiche”.

Omicidio di Fortuna, la figlia di Caputo in tv: “Mio padre non è un mostro”

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“Io conosco mio padre e non può avere fatto quelle cose. Lui ha sempre fatto il padre, e Marianna (la compagna, ndr) è una donna sincera. Io andavo sempre a trovarli, erano felici”. Lo ha detto in esclusiva a ‘Pomeriggio 5’ la figlia di Raimondo Caputo, accusato di essere l’orco che ha violentato e ucciso brutalmente la piccola Fortuna Loffredo gettandola dall’ultimo piano del palazzone dell’Iacp al Parco Verde di Caivano. “E lui sarebbe un mostro? Lui non è l’orco. Lui piange in carcere, non sa perché è dentro. Io lo avrei schifato se fosse stato lui che abusava dei bambini”, ha aggiunto la giovane.

Da Miano alla Sanità: il coprifuoco e le nuove alleanze con i clan di Scampia e Secondigliano. Gli scenari

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Sparatoria a San Girolamo in Via westerhout

C’è il coprifuoco a Miano, alla don Guanella e in tutta la zona Nord di Napoli fin dentro ai vicoli della Sanità. Prima la strage delle Fontanelle, poi l’omicidio di Aniello Di Napoli in via Janfolla  e prima ancora gli altri omicidi fino al ferimento di Walter Mallo hanno fatto tornare l’incubo della faida. Nonostante la presenza massiccia delle forze dell’ordine la gente continua ad avere paura. Ma non solo loro. Anche gli stessi uomini dei clan i contrapposizione sembrano, dopo la “sfuriata” in una fase di attesa. Ma c’è l’ipotesi, avanzata da qualche investigatore, che si stiano tessendo nuove alleanze con i gruppi di Scampia e Secondigliano e quelli della provincia legati a quelle cosche .La “Vanella Grassi” -pensano gli investigatori- sia pronta scendere in campo al fianco di uno dei due gruppi in guerra. Ma ancora non è chiaro se con i Mallo-Spina-Esposito oppure con i Lo Russo-Vastarella-Tolomelli. Anche se a questi ultimi, in nome degli antichi rapporti, sarebbero pronti a dare una mano i Licciardi della Masseria Cardone di Secondigliano. L’attenzione degli investigatori comunque è rivolta tutta ai “Girati”  che nel corso degli anni hanno sempre avuto l’abilità nel tessere alleanze così come nel cambiarle.Ottenendo tra l’altro sempre il massimo beneficio. È successo così con i Di Lauro, con gli Amato- Pagano e con gli Abete-Abbinante- Notturno-Aprea. Ora i “Girati” della Vanella stanno decidendo con chi schierarsi. Chi invece sembra non aver perso tempo invece sono i Vastarella che sono a caccia dei “traditori” e che sono disposti a tutto pur di scoprire e scovare chi ha aiutato il commando di killer c compiere la strage delle Fontanelle.

Agguato a Giannelli junior: la tregua è finita. Frizioni anche a Fuorigrotta

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 Il ferimento del figlio ancora minorenne del boss emergente della zona flegrea Alessandro Giannelli avvenuto domenica sera è la testimonianza  che la tregua tra i clan è già finita. Da un lato c’è la nuova alleanza tra i Sorianiello-Lago-Romano-Giannelli; dall’altro i Vigilia, che avrebbero stretto un accordo con i ras del rione Traiano e i Pesce-Marfella di Pianura. La guerra tra i due gruppi è iniziata a novembre con il ferimento di Salvatore  Romano, fino all’omicidio di Giuseppe Perna detto “Viglione” avvenuto nel pomeriggio del 5 marzo scorso nei pressi di un pub in via Cannavino. Un omicidio eccellente in quanto Perna era considerato il reggente dei Pesce-Marfella tanto che la sua esecuzione fu “salutata” anche dall’esplosione di fuochi d’artificio da parte degli avversari. ma prima ancora la nuova alleanza aveva subìto un clamoroso affronto la notte del primo febbraio quando in via Cavalleggeri d’Aosta fu prima fatta scoppiare una bomba carta e poi con delle bottiglie molotov fu fatta incendiare la saracinesche del bar del padre del boss, all’epoca ancora latitante, Alessandro Giannelli. Sarebbe lo stesso bar davanti al quale il figlio di Giannelli ha raccontato agli investigatori di aver subito l’agguato l’altra sera. Due ore dopo l’attentato al bar ben sedici colpi di kalashnikov furono esplosi contro il palazzo di via Cavalleggeri d’Aosta al civico 3; contro il portone e contro un centro estetico, gestito da una donna incensurata ed estranea a vicende di malavita, ma imparentata con un esponente di una famiglia in passato entrata in contrasto con i Giannelli. Il 5 febbraio c’è l’omicidio di Pasquale Zito avvenuto a pochi passai dalla sua abitazione tra via Maiuri e via Morandi. Anche questo omicidio viene imputato al gruppo Giannelli. Poi ci sono state una serie di “stese” e il conflitto a fuoco del 20 marzo scorso prima tra i componenti dei due clan e  poi con la polizia in via  Giorgio dei Gracchi, conclusosi con l’arresto per detenzione in concorso di armi da fuoco di Nunzio Spina, 51 anni ex pentito di Forcella residente ad Afragola e ritenuto legato ai nuovi boss di Pianura, l’alleanza Romano- Lago-Sorianiello-Giannelli. E poi ancora l’agguato fallito due giorni dopo contro il ras  di Pianura, Vincenzo Foglia e il figlio Alfredo sfuggiti ad un agguato mortale nei pressi di un circolo ricreativo in via Duca d’Aosta. Ma frizioni e nuove alleanze ci sono anche nel quartiere di Fuorigrotta diviso in tre zone. Il gruppo dei Zazo, storicamente forti nella parte vicina alla grotta. Poi ci sono gli Iadonisi, che controllerebbero la zona antica e infine i Bianco-Baratto, che agirebbero nella parte di via Giacomo Leopardi e via Cumana. Divisioni territoriali che si reggono sul filo del rasoio visto che i “Cesi-Baratto” , secondo la Dda di Napoli sono quelli che in questi momento sembrano più “aggressivi” degli altri.

Clan Polverino: ecco le telefonate che inchiodano i carabinieri infedeli. Uno voleva chiamare il segretario del ministro Alfano

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 ”Io devo andare a Cisterna”. Così si esprimeva in una intercettazione Angelo Cantone, il carabiniere in servizio a Marano arrestato oggi con l’accusa di aver passato, in cambio di soldi e regali, notizie riservate a Angelo Di Maro, ritenuto coinvolto in un traffico di stupefacenti gestito dal clan Polverino. Per gli inquirenti – le indagini dei carabinieri sono state coordinate dal pm della Dda Maria di Mauro e dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli – il militare intendeva farsi trasferire al comando di Castello di Cisterna dove sono scolte indagini sulla criminalità organizzata e dove riteneva di poter acquisire informazioni importanti da fornire al clan. Un progetto che non va in porto – sottolineano gli inquirenti – anche se Cantone si era rivolto a uno che nelle telefonate chiama ”avvocato” il quale era ”inserito in un meccanismo di relazioni e conoscenze che mette a disposizione dei militari che necessitano del suo aiuto”, come sottolinea nella sua ordinanza il gip Egle Pilla. Si tratta di Domenico De Martino, nei cui confronti oggi i carabinieri hanno eseguito una misura cautelare di arresti domiciliari. De Martino, che avrebbe ricevuto informazioni da Cantone, avrebbe promesso il proprio interessamento presso ufficiali dell’Arma per favorire il suo trasferimento a Castello di Cisterna (”una sezione dalla quale meglio può controllare e servire la criminalità organizzata maranese a servizio della quale ha posto la propria funzione”, evidenzia il gip). ”De Martino – scrivono i magistrati – agisce in maniera sistematica anche grazie alle amicizie con i vertici dell’Arma con i quali ha contatti frequenti come risulta dai tabulati”. I tentativi, sottolineano gli inquirenti, non vanno in porto. Falliti i tentativi con l’Arma, per raggiungere l’obiettivo, avrebbe provato anche contatti con i politici: ”Francesco che dici, io devo chiamare il segretario del ministro Alfano, io tengo il numero quello disse chiamami…”, dice in una telefonata con un collega anch’egli indagato. Oltre ai due carabinieri – uno semplice, l’altro con il grado di appuntato – nell’inchiesta sono coinvolti tre pregiudicati ritenuti dagli investigatori contigui a due storici clan della zona, i Polverino e i Nuvoletta, e a un gruppo camorristico emergente, quello degli Orlando. L’Arma dei carabinieri ha disposto la sospensione “ad horas” dei militari coinvolti nell’inchiesta – oltre a Cantone, 35 anni, anche Francesco Papa, 36 – per i quali il gip del Tribunale di Napoli ha ordinato, rispettivamente, l’arresto in carcere e il divieto di dimora a Napoli, Caserta e nelle rispettive province. In carcere sono finiti anche i tre pregiudicati: Angelo Di Maro, 37 anni; Francesco Sepe, 49 anni, (che si trovava ai domiciliari) e Massimo D’Onofrio, 42 anni. Arresti domiciliari, infine, per un avvocato, Domenico De Martino, 68 anni, che si stava prodigando per agevolare il trasferimento di uno dei due carabinieri. Dall’inchiesta è emerso che Angelo Cantone, carabiniere arrestato con l’accusa di aver passato, in cambio di soldi e regali, notizie riservate a Angelo Di Maro, ritenuto coinvolto in un traffico di stupefacenti gestito dal clan Polverino, intendeva trasferirsi al comando di Castello di Cisterna. Gli inquirenti – le indagini dei carabinieri sono state coordinate dal pm della Dda Maria di Mauro e dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli – evidenziano che a Castello di Cisterna sono svolte indagini sulla criminalità organizzata e pertanto il militare riteneva di poter acquisire informazioni importanti da fornire al clan. I pregiudicati finiti in cella si occupavano prevalentemente di traffico di sostanze stupefacenti e le informazioni venivano reperite dalla due “mele marce” anche consultando, illecitamente, le banche dati delle forze dell’ordine. Tutti i reati contestati ai sei indagati sono aggravati dalle finalità mafiose. Infine, nel corso dell’attività investigativa, iniziata nel 2015, dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Napoli sono stati sequestrati 80 chilogrammi di droga, tra hashish e marijuana, una pistola a salve calibro 9 e 4890 euro in contanti.


Napoli: resiste agli scippatori e resta ferita. Indaga la polizia

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Ha tentato di resistere ad alcuni ladri che le hanno strappato la borsa ma è stata trascinata a terra ed è rimasta ferita. Il fatto è avvenuto la scorsa notte in via San Sebastiano, nel centro storico di Napoli. La vittima è una giovane donna di 25 anni. La ragazza è stata portata in ospedale: ha riportato contusioni guaribili in cinque giorni. Sulla vicenda indaga la polizia.

Da simbolo della lotta alla violenza sulle donne a stalker. La strana storia di Rosaria Aprea

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Da simbolo della lotta alla violenza sulle donne a stalker. La strana storia di Rosaria Aprea, la miss di Macerata Campania in provincia di Caserta picchiata dall’ex fidanzato violento, che la investì e le fece perdere la milza nel 2013 ora ha ricevuto un’ordinanza di divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati da un uomo che lei avrebbe tentato di investire con la propria autovettura. L’ordine restrittivo è stato firmato, due giorni fa, dal gip Nicoletta Campanaro del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, su richiesta della vittima e del pubblico ministero che ha seguito il caso. La procura, che un anno fa si era schierata a tutela della Aprea, ora la accusa. Miss Rosaria avrebbe avuto un legame sentimentale con l’uomo qualche anno fa e secondo le accuse  il 13 aprile scorso aveva pigiato il piede sull’acceleratore della sua vettura, tentando di investire l’ex, un imprenditore di 34 anni. Trasportato d’urgenza in ospedale, era stato medicato e dimesso. Immediatamente dopo i fatti, però, aveva denunciato Rosaria per stalking ai carabinieri della compagnia di Santa Maria Capua Vetere. I militari avevano poi inviato gli atti in Procura. Analizzato il fascicolo, il gip ha emesso la misura del divieto di avvicinamento all’imprenditore. La stessa ordinanza è stata notificata a due amiche della Aprea che si trovavano con lei al momento dell’investimento. L’avvocato Giuseppe Foglia ha presentato ricorso al Riesame.

L’Eav dona 5 bus ristrutturati alla Regione. Faranno da navetta sul Faito

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Il presidente dell’Eav , Umberto De Gregorio, ha preparato una gradita sorpresa stamane al governatore della regione Campania, Enzo De Luca. Il numero uno che gestisce la rete dei trasporti su gomma in occasione dell’inaugurazione della nuova Funivia che da Castellammare centro arriva sul Monte Faito donerà alla Regione 5 pullman turistici ristrutturati. Tre resteranno nella zona stabiese o meglio due faranno tappa sul Faito e faranno da servizio navetta dal piazzale della funivia fino alla cima del monte, un terzo resterà nella cittadina stabiese e altri due invece saranno destinati alle isole di Ischia e Procida.

Estorsione a Clementino: i tre palmesi arrestati, padre e figli, avevano anche minacciato di rapimento il rapper

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Le tre persone arrestate oggi, padre e due figli,Massimo Carbone, 55 anni, e i figli Luigi, 26 anni, e Vincenzo, 20 anni e una carriera da neomelodico, con il nome da artista di Enzo Di Palma sono destinatari di una misura di custodia cautelare con il beneficio dei domiciliari del gip del tribunale di Nola per tentata estorsione ai danni del rapper Clementino, avevano – secondo quanto riferisce la Procura  – anche minacciato il cantante di sequestro, e speronato l’auto sulla quale viaggiava con il proprio staff, nel tentativo di convincerlo alla collaborazione artistica con uno degli arrestati, il neomelodico Enzo di Palma. I tre,  insieme con suo padre Massimo  ed il fratello  Luigi, secondo quanto ricostruito nel corso delle indagini coordinate dalla Procura di Nola, e svolte dalla Squadra Mobile di Napoli, al diniego del rapper di incidere un brano con il neomelodico, lo hanno ripetutamente minacciato. Minacce rivolte anche al padre ed allo zio factotum di Clementino, oltre ad alcuni componenti dello staff. Telefonicamente i tre avevano più volte minacciato Clementino ed i familiari, affermando anche che lo avrebbero sequestrato nel caso in cui non avesse ceduto alla collaborazione artistica. Gli inquirenti hanno anche accertato un tentativo di speronamento dell’auto sulla quale viaggiava Clementino ed il suo staff avvenuto a novembre del 2015, da parte dei Carbone, e successivamente il rapper aveva anche subito un parziale incendio della propria autovettura. Gli arrestati sono stati rintracciati nelle proprie abitazioni a Palma Campania dai poliziotti della Squadra Mobile di Napoli e posti agli arresti domiciliari. “Non sono abituato a stare zitto – aveva scritto su Facebook Clementino dopo il rogo della sua vettura, postandone le foto – piuttosto mi faccio ammazzare. Il coraggio deve fare parte della mia vita”.

(nella foto il giovane neomelodico arrestato Vincenzo Carbone, in arte Enzo Di Palma)

Quelli della Vinella Grassi rapirono e torturarono Stanchi e Montò perchè volevano recuperare i soldi del boss

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carabinieri e polizia insieme

Volevano tornare in possesso di alcuni milioni di euro che conservava per conto del boss e per questo lo hanno rapito, insieme al suo uomo di fiducia, portato in un luogo sicuro e interrogato, fino ad uccidere entrambi. E’ questa la ricostruzione, dopo quattro anni di indagini, del duplice omicidio di Raffaele Stanchi e Luigi Monto’, affiliati al gruppo criminale Abete-Abbinante, trovati carbonizzati il 9 gennaio 2012 a Melito, all’interno del bagagliaio di una Fiat Punto risultata rubata. Un duplice omicidio che di fatto diede l’avvio alla terza faida di Scampia, tra la cosca della Vanella Grassi (alleanza tra i boss Luigi Mennetta, Fabio Magnetti e Rosario Guarino) e, appunto, gli Abete-Abbinante-Notturno. Per questo delitto, la polizia oggi ha eseguito sette misure cautelari emesse dal gip di Napoli; manca solo l’arresto di Umberto Accurso, attuale reggente del gruppo, latitante dal maggio 2014, per completare la rosa degli autori e dei mandanti di quel delitto. Tutti i sette destinatari del provvedimento restrittivo sono gia’ detenuti. A sparare, dopo l’interrogatorio delle vittime, nella ricostruzione degli investigatori, Fabio Magnetti, cugino di Antonio Mennetta. Per Accurso, anche lui cugino del capoclan, quell’omicidio invece ha segnato l’inizio dell’ascesa ai vertici del clan. La ricostruzione del delitto e’ arrivata anche grazie alla collaborazione di diversi pentiti, tra cui uno dei capi della Vanella Grassi, Rosario Guarino. I cadaveri delle vittime furono identificati grazie all’esame del dna. La decisione di uccidere Stanchi fu presa perche’, come uomo di fiducia del boss Arcangelo Abete e gestore di una delle piazze di spaccio di Scampia piu’ fiorenti, quella del Lotto P, nota anche come case dei puffi, ‘cassaforte’ del gruppo, era un obiettivo strategico per interrompere un consistente flusso di denaro nelle casse degli Abete-Abbinante-Notturno, gruppo al quale anche la Vanella faceva riferimento prima di decidere la scissione che dara’ vita ad una escalation di omicidi e atti intimidatori tra il 2012 e il 2013. Stanchi e Monto’ furono vittime prima di un sequestro di persona a Villaricca, nel Napoletano, poi portati in casa di un altro degli indagati, Carlo Matuozzo, nel quartiere di Mianella, e qui segregati e interrogati per sapere dove era la grossa somma di denaro da sottrarre al boss Abete. La nuova cosca cerco’ anche di far ricadere la responsabilita’ del duplice delitto sul clan Amato-Pagano.

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