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Channel: Cronache della Campania
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Napoli: l’ex puglie Ciotola ucciso a Bagnoli aveva sfidato chi lo aveva minacciato: “V aggia sega e corn”

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ciotola

L’omicidio dell’ex pugile Luca Ciotola detto “Ciocio” avvenuto a Bagnoli l’altra notte potrebbe essere la vendetta del clan Vastarella della Sanità, tramite alleati dell’area flegrea, per l’amicizia con il ras Walter Mallo o un vecchio conto in sospeso collegato ai suoi precedenti penali. Ma anche, visto la zona, la risposta dell’alleanza Sorianiello-Giannelli-Romano al ferimento del figlio del boss Alessandro Giannelli avvenuto domenica sera a Fuorigrotta. Sono queste le piste seguite dagli investigatori per spiegare l’omicidio, compiuto con il classico stratagemma del controllo di finti carabinieri ai detenuti agli arresti domiciliari. I due sicari gli hanno sparato in faccia appena ha aperto la porta di casa, in cupa vicinale Terracina. Con il pregiudicato in casa c’erano gli anziani genitori ai quali è toccato vedere la straziante scena del figlio immerso in una pozza di sangue sull’uscio di casa. “Vi siete permessi di minacciarmi dicendo che sparavate in testa a mio figlio… siete inutili v aspett senp ca v aggia sega e corn”, aveva posta sul suo profilo facebook il 27 aprile scorso postando una sua foto con una sega in mano. Ma l’altra notte i killer hanno posto fine alla sua vita sopra le righe. Era uno che non chinava la testa l’ex pugile, rapinatore. ma non aspettava certo che killer bussassero addirittura alla sua porta visto che poche ore prima aveva scritto sempre sul suo profilo facebook ” buone notizie”. Ora gli investigatori stanno scandagliando la sua vita e cercando anche attraverso il computer e il telefono eventuali tracce che possa portare  a chiarire il suo omicidio.


Rapinatori ‘pendolari’ in banche in Emilia e Lombardia: arresti a Torre del Greco e Napoli

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carabinieri

Si sono resi protagonisti di di una decina di rapine in banca tra la Lombardia e l’Emilia-Romagna, compreso un colpo da 100.000 euro a Rio Saliceto, nel Reggiano. ‘Pendolari’ tra la Campania e il Nord Italia, sono stati arrestati dai Carabinieri con l’accusa di rapina aggravata in concorso: a finire in manette una donna 33enne e due uomini un 36enne un 40enne, tutti di Torre del Greco, nel Napoletano, e un altro uomo un 45enne di Napoli. Secondo quanto emerso dalle indagini la donna e i tre complici – alternandosi anche con altre persone – hanno compiuto, tra il 2014 e il 2015, rapine in diverse banche lombarde e emiliano-romagnole: una da 100.000 euro a Rio Saliceto, due a Milano, una a Forlì, una a Pescate, in provincia di Lecco, una a Bologna, due a Valsamoggia e una Crespellano, nel Bolognese. Ai quattro rapinatori i Carabinieri di Campagnola Emilia sono giunti grazie alle impronte digitali rilevate nella banca di Rio Saliceto, al sistema di video sorveglianza, all’analisi del sistema di videosorveglianza comunale di rilevamento targhe ed alle testimonianze delle vittime. Nel mettere a segno i propri colpi, il gruppo ha agito seguendo un copione definito: sequestro dei dipendenti e dei clienti e attesa dell’apertura della cassaforte temporizzata. Le indagini dei Carabinieri stanno ora proseguendo in concerto con gli organi investigativi del comando provinciale di Reggio Emilia per accertare se il quartetto di malviventi abbia compiuto, ulteriori colpi in altre filiali bancarie del Nord Italia.

Marcianise: sequestro beni di una società legata al clan Belforte

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carabinieri

I carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale di Caserta hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo di 2 unità immobiliari e 4 posti auto nei confronti della società di costruzione Mical srl di Marcianise di proprietà di MINUTOLO Sebastiano, MAZZARELLA Giovanna MINIZOLO Franco (quale socio occulto della predetta compagine societaria). Il provvedimento è stato emesso dal gip di Napoli su richiesta della Dda partenopea a seguito di una complessa indagine che ha accertato attività di usura e intestazione fittizia di beni a carico del clan camorristico Belforte. Nel corso delle indagini – corroborate dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Camillo Belforte, figlio del capo clan Salvatore, che ha confermato l’impianto accusatorio – è stata accertata l’attività usuraia di esponenti del clan che avevano prestato 300mila euro ai titolari della Mical ottenendo a garanzia e pagamento la disponibilità degli immobili, oggi sequestrati, per un valore di 700mila euro. Di qui il reato di intestazione fittizia di beni che serviva per eludere l’applicazione di misure di prevenzione patrimoniale in danno degli esponenti dell’organizzazione camorristica. La svolta dell’indagine della Dda è avvenuta quando nel corso di una perquisizione della casa di Bruno Bottone, ritenuto esponente di rilievo e cassiere del clan, è stata ritrovata la contabilità dell’organizzazione criminale. La misura cautelare in argomento, trae origine da complessa indagine che consentiva di accertare come il sodalizio camorristico dei BELFORTE, a mezzo dei suoi esponenti apicali, avesse praticato tassi usurari ad un prestito di euro 300.000 circa effettuato ai predetti imprenditori della Società di costruzione. ottenendo a garanzia e pagamento dello stesso la disponibilità dei summenzionati appartamenti e posti auto da valore complessivo di oltre 71.10.1X» curo. in tal modo comminando la fattispecie delittuosa, oltre che di usura, anche di intestazione fittizia di beni, utile ad eludere l’applicazione di misure di prevenzioni patrimoniale in danno di esponenti dell’organizzazione camorrista in esame. In particolare, seppure formalmente ancora intestati alla MICAL srl, gli appartamenti erano posti a reddito a beneficio dell’organizzazione criminale, reale titolare del bene. Nonostante l’assenza di collaborazione da parte delle vittime, le indagini. coordinate dalla Procura della Repubblica di Napoli – D.D.A. venivano avviate nell’amo 21:07, a seguito di una perquisizione all’interno dell’abitazione di BOTTONE Bruno, esponente di spicco de: sodalizio e cassiere del Clan in argomento, ore era possibile rinvenire l’intera contabilità dell’organizzazione, addivenire quindi all’individuazione di parte del patrimonio occulto de gruppo criminale e procedere ai relativi sequestri. Nel merito, nel corso della summenzionata perquisizione, venne rinvenuto Paranco degli imprenditori soggetti ad usura cd estorsione, nonché la lista degli affiliati ai relativi stipendi, il tutto annotato criptamente con complessi codici identificativi, che solo la conoscenza del territorio e dell’organizzazione criminale da parte degli inquirenti rendeva possibile decifrare. Le indagini venivano da ultimo corroborate dalle dichiarazioni rese dal Collaboratore d Giustizia BELFORTE Camillo, figlio del Capo Clan Salvatore, il quale nel render. dichiarazioni auto ed etero accusatorie confermava l’intero impianto investigativo contribuendo all’individuazione di altri beni per cui sono in cono ulteriori indagini.

Napoli, arrestato 45enne: lasciava messaggi a sfondo sessuale sotto la porta di casa di una 15enne

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Preoccupati dai numerosi bigliettini dal contenuto a sfondo sessuale che si vedevano recapitare sotto la porta di casa, una coppia di genitori si è appostata e, con l’aiuto di alcuni condomini, ha sorpreso, bloccato e fatto arrestare dalla Polizia il molestatore della figlia di 15 anni. E’ successo la scorsa notte a Napoli. In carcere, con l’accusa di atti persecutori ai danni di una minorenne, è finito un uomo di 45 anni, a cui viene contestato anche il reato di adescamento. Eloquenti e preoccupanti i messaggi, almeno una decina, che l’uomo inviava all’adolescente. Gli agenti dell’Ufficio Prevenzione Generale della Questura di Napoli, hanno accertato che l’uomo, da qualche mese, lasciava in maniera anonima i bigliettini sotto la porta dell’appartamento. Messaggi con i quali chiedeva anche incontri sessuali alla minorenne. Il 45enne è stato chiuso nel carcere napoletano di Poggioreale.

Il pentito Caterino in tv chiede al boss Zagaria: “Pentiti e riscatta la tua terra”

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Camorra, politica e imprenditoria, nel Casertano, erano ingranaggi dello stesso sistema: lo sottolinea Massimiliano Caterino, oggi collaboratore di giustizia ma, per trent’anni, braccio destro e poi cassiere del capo dei capi del clan dei Casalesi Michele Zagaria, detto “capa storta”, in una intervista rilasciata alla Tgr Campania. “Chi ha fatto politica nella nostra zona (il Casertano, ndr), sapeva noi chi eravamo, di tutti gli schieramenti”, dice Caterino che rivolge anche un appello al suo ex capo: “Collabora, collabora per dare un riscatto al tuo paese. Fa capire che è stata (la camorra, ndr), una cosa negativa. La nostra è stata una scuola negativa. Abbiamo fatto solo del male. Tu sei stato il nostro capo, tu ci hai insegnato il male e noi l’abbiamo trasmesso. L’unica possibilità che abbiamo per il futuro delle nostre zone, che sono bellissime, è questo riscatto”.

Castellammare: arrestato il baby rapinatore della pizzeria

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Aveva prima ordinato una pizza e poi rapinato il corriere incaricato di consegnargliela. Era accaduto lo scorso 31 marzo a Castellammare di Stabia e oggi i carabinieri hanno arrestato un giovane di 16 anni. Il giovane rapinatore aveva attirato nella trappola la sua vittima, il dipendente della pizzeria, che ha 25 anni, ordinando per telefono delle pizze. Poi, sotto la minaccia di una pistola,aveva bloccato il corriere da quale si era fatto consegnare il denaro che aveva con se, circa 70 euro. Il rapinatore è stato comunque identificato, rintracciato e arrestato stamattina, su disposizione del Tribunale per i Minorenni di Napoli, e portato nell’istituto penitenziario minorile partenopeo di Nisida.

Pompei: multe e sequestri a raffica ai chioschi e agli ambulanti

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Giro di vite sui chioschi di souvenir a Pompei: il sindaco Ferdinando Uliano ha costituito una task force di vigili urbani contro gli abusi commerciali, disponendo controlli a tappeto su tutto il territorio. Sono dieci i chioschi multati per occupazione abusiva di suolo pubblico e per violazione delle ordinanze sindacali in materia di decoro urbano. E’ scattato, inoltre, un sequestro di un chiosco nel corso dei controlli eseguiti da dodici unità della Polizia Municipale, agli ordini del comandante Gaetano Petrocelli. La priorità è di garantire l’ordine e la sicurezza pubblica all’indomani del grave episodio verificatosi ai danni di un consigliere comunale, aggredito da uno dei gestori dei chioschi – unitamente alla necessità di combattere ogni forma di abusivismo commerciale. Il sindaco ha stabilito di verificare in particolar modo la presenza esclusiva dei titolari di licenza  così come previsto dalla legge la tipologia delle merci in vendita, il rispetto degli spazi assegnati ed il decoro delle merci e dei venditori, nonché ogni altra eventuale forma_di illegalità ed inosservanza delle disposizioni di legge e regolamenti. “Non faremo sconti a nessuno – spiega Uliano – La vile aggressione al consigliere comunale Conforti non fermerà l’operato dell’Amministrazione Comunale nel perseguire la legalità. Pompei è una Città meta quotidiana di migliaia di turisti e fedeli, provenienti da tutto il mondo. E’ doveroso da parte dell’Amministrazione Comunale garantire sicurezza e tutela ai visitatori”.

Il pentito dei Casalesi: “Sandokan comanda ancora dal 41 bis”

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“Il camorrista più pericoloso è Francesco Schiavone, alias Sandokan, che comanda ancora, anche dal 41 bis”. Così, in una intervista alla Tgr Campania, Massimiliano Caterino, oggi collaboratore di giustizia ma, per trent’anni, braccio destro e poi cassiere del capo dei capi del clan dei Casalesi Michele Zagaria, detto “capa storta”. Caterino ricorda cosa lo ha spinto a diventare un camorrista: “Da noi si è sempre respirata aria di camorra. Già a dieci anni…eravamo affascinati da come venivano venerati, da come si vestivano, dalle macchine che avevano. I grandi imprenditori e li professionisti le veneravano e le ossequiavano queste persone”. “Per me – dice ancora l’ex luogotenente di Michele Zagaria – essere un camorrista significava che tutto diventava facile. Si guadagnava rispetto, tutte le porte erano aperte, i professionisti erano a tua disposizione”. Caterino sottolinea, con le sue parole, anche il livello di pervasività che il clan dei Casalesi aveva nel Casertano: “Noi risolvevamo tutti i problemi, – dice – vertenze sindacali, vertenze matrimoniali, qualsiasi problema noi lo risolvevamo in cinque minuti”. Poi, traccia le differenze con la camorra napoletana: “Noi eravamo più molto più riservati, più umili, più seri, mentre a Napoli sono più chiassosi, diciamo alla Setola (il killer Giuseppe Setola, ndr)”. Infine Massimiliano Caterino parla dei viaggi che l’ex primula rossa del clan dei Casalesi faceva durante la latitanza, durata quasi 16 anni: “Andava fuori Italia, – dice – in Europa, in America, in Australia” grazie “ai documenti che gli venivano forniti dai professionisti”, a cui “noi cambiavamo la fotografia”.


Giugliano: confermate in Appello le condanne al boss Dell’Aquila e ai suoi fratelli

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giuseppe dellaquila

Sono state confermate dai giudici della V Sezione della Corte di Appello di Napoli (pres. Stanziola)  le condanne ai tre fratelli Dell’Aquila.Il boss Giuseppe, detto ‘0 ciuccio, è stato condannato a 21 anni di reclusione. Sentenza di primo grado confermata in appello anche nei confronti degli altri due fratelli Giovanni e Domenico  che hanno incassato rispettivamente 14 e 13 anni di carcere. Per il pm Maria Cristina Ribera i tre fratelli Giovanni, Domenico e Giuseppe sono a capo di un vero e proprio clan, un tempo costola dei Mallardo di Giugliano. La sentenza di Appello nell’ambito dell’inchiesta ‘Arcobaleno’, il blitz del 23 marzo 2010 dove furono arrestati i fratelli Dell’Aquila e sequestrati beni per 400 milioni di euro. L’organizzazione criminale aveva costituito numerose società, le cui quote venivano generalmente intestate a prestanome scelti tra il nucleo familiare o tra persone di comprovata fiducia, attraverso le quali si mettevano in atto speculazioni edilizie o altri investimenti apparentemente leciti ma che invece servivano per riciclare il denaro illecito.

(nella foto il boss giuseppe dell’aquila)

Ascesa e caduta del ras Walter Mallo: nessuno fuori alla caserma a salutarlo. Chiusa la sua pagina facebook

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walter mallo

Il giovane ras emergente della camorra napoletana, Walter Mallo ha preferito fare scena muta davanti al gip all’udienza di convalida di oggi.  In attesa di presentare richiesta di scarcerazione al Tribunale del Riesame si vuole capire, come strategia difensiva, quali altre carte hanno in mano alla Dda di Napoli. Intanto da oggi pomeriggio la sua pagina facebook, su cui si è tanto scritto, è chiusa. Decisione saggia dopo gli avvenimenti delle ultime settimane visto che era diventata un vero e proprio manifesto delle nuove leve della camorra. Il giovane camorrista con la lacrima tatuata è in carcere con l’accusa di associazione di tipo mafiosa e porto e detenzione di armi. Si tratta di  quattro pistole, un fucile e diverse munizioni sequestrate qualche settimana fa dai carabinieri sul terrazzo del palazzo all’isola 59 del rione don Guanella dove abita Mallo e il suo uomo di fiducia, Paolo Russo, arrestato con lui ieri insieme con Vincenzo Danise. Gli investigatori dopo gli arresti di ieri,che dovrebbero aver  fatto placare la guerra di camorra in atto tra Miano e il rione Sanità, riflettono su un aspetto non secondario della cattura del giovane boss. All’uscita dei tre arrestati all’esterno della Caserma Pastrengo ieri non c’era nessuno a salutarli. Neanche i genitori. La mamma di Mallo, come è emerso dalle intercettazioni ambientali, per la verità sperava che il figlio finisse in galera perché temeva per la sua vita visto lo scontro cruento in atto con chi “fa la camorra da venti anni come i Lo Russo”. Ma nessun amico o sodale era fuori alla caserma per aspettarlo. L’ipotesi principale è che non essendo ancora stati individuati del tutto i componenti del gruppo Mallo, tutti quelli che ne fanno parte hanno preferito tenersi alla larga dagli occhi degli investigatori. Un’altra pista è che temevano eventuali ritorsioni sulla strada del ritorno a casa da parte dei sicari del clan Vastarella che “vogliono vendicare” la strage della Fontanelle alla Sanità. La terza è che il giovane e rampante boss, “il capitano” (come lo aveva etichettato Luca Ciotola ammazzato poche ore prima del suo arresto) sia stato già abbandonato dalla sua squadra. Se l’impianto accusatorio della Dda reggerà anche davanti al Riesame vorrà significare che l’ascesa e la caduta del giovane boss siano state talmente rapide e che la sua storia criminale è finita ancor prima di cominciare grazie al lavoro degli investigatori che hanno fermato la sua mano sanguinaria e quella dei suoi amici.

Terra dei Fuochi: al processo “Resit” la Dda chiede 280 anni di carcere

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Pene per complessivi 280 anni di carcere sono stati chiesti dal pm della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, Alessandro Milita, al termine della requisitoria del processo cosiddetto “Resit”, che vede imputate 29 persone accusate di disastro ambientale, traffico illecito di rifiuti, aggravati dall’aver agevolato il clan dei Casalesi, reati commessi in relazione all’inquinamento della discarica di Giugliano, una “bomba ecologica” utilizzata anche durante il periodo dell’emergenza rifiuti dal Commissariato. In particolare il sostituto procuratore Milita ha chiesto 30 anni di carcere per i principali imputati: Giulio Facchi, ex sub-commissario all’emergenza rifiuti in Campania tra il 2000 e il 2004, nel periodo in cui era Bassolino commissario governativo, Cipriano Chianese, considerato dagli inquirenti il “re dell’ecomafie” e Gaetano Cerci, altro imprenditore dei rifiuti legato ai Casalesi; 24 anni di carcere sono stati chiesti per l’imprenditore Elio Roma, 22 anni per i fratelli Generoso e Raffaele Roma.

(nel riquadro Cipriano Chianese, considerato dagli inquirenti il “re dell’ecomafie”)

Grande successo a “I Migliori Anni” de “I Santo California” dello scafatese Pietro Barbella

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Grande successo in prima serata su Rai Uno per un gruppo storico della canzone italiana degli anni Settanta- I Santo California. Il gruppo dell’agro nocerino si è esibito nella prima puntata della nuova edizione de “I Migliori Anni” condotto da Carlo Conti. I Santo California si sono esibiti con la loro “Tornerò”, una delle canzoni “evergreen” della musica italiana. Carlo Conti ha chiesto alla scafatese Pietro Barbella, voce del gruppo, quante versioni sono state fatte in tutto il mondo del loro brano: ebbene sono ben 38. Con Pietro Barbella  c’erano anche gli altri due reduci del gruppo originale, il chitarrista Mimmo Aiello e il batterista Donato Farina. Lo scafatese Pietro Barbella ha ricordato il grande successo che riscuote tutt’oggi il gruppo e ha voluto salutare gli italiani in tutto il mondo che attraverso Rai International hanno guardato la trasmissione ovunque nel mondo.

E’ caccia a tutti gli affiliati al gruppo Mallo

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Si cercano i complici  di Walter Mallo il ras emergente di Miano arrestato l’altra notte insieme co i suoi due più spietati fedelissimi. Dalle intercettazioni in mano agli investigatori ma anche da quelli che fino a ieri avevano chattato sulla sua pagina facebook si spera di risalire ad avere l’organigramma completo del gruppo che aveva scatenato una faida sanguinaria con i Lo Russo-Vastarella-Tolomelli tra Miano fino al rione Sanità per il controllo delle piazze dello spaccio. Anche se il suo profilo facebook è stato chiuso gli investigatori già da giorni avevano salvato le conversazioni e le sue amicizie.  Oltre ad un manipolo di fedelissimi nella zona della Don Guanella, Mallo poteva contare sui alcuni “fratelli” del rione Traiano, come è emerso dalle intercettazioni ma anche sull’appoggio di alcuni giovani della zona frattese. Le indagini di polizia e carabinieri naturalmente dopo il suo arresto non si sono fermate. Anzi hanno ricevuto un impulso maggiore perché ora c’è minore preoccupazione che possano avvenire sparatorie come nelle scorse settimane e quindi ci si può concentrare maggiormente sul lavoro di intelligence. Quello che appunto dovrà portare a scoprire gli altri componenti del gruppo. A partire dagli Esposito-Spina “i barbudos” cacciati come Mallo dal rione Sanità dopo l’omicidio lo scorso anno del boss Pietro Esposito. Ma ci sono anche altri giovani che seguendo le orme di quello che aspirava a diventare il “nuovo profeta” della camorra napoletana lo stavano seguendo nelle sue scorribande. Ora il lavoro degli investigatori è tutto concentrato nella ricerca di questi giovani capaci di far fuoco in mezzo alla gente senza il timore di colpire innocenti. per loro conto solo la “dimostrazione di forza”. Ma lo Stato con l’arresto di Mallo e di Paolo Russo e Vincenzo Danise, ha dimostrato di essere più forte. Fermando la faida con i Vastarella alla Sanità ed evitando per il momento altro spargimento di sangue.

Mezzogiorno di fuoco a Marano. Agguato nell’officina: ucciso Fabio Esposito, grave il padre

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Un uomo, di cui ancora non si conoscono le generalità, è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco a Marano di Napoli. L’omicidio, avvenuto a mezzogiorno circa, si è consumato in via Unione sovietica. Indagini dei carabinieri. La vittima si chiamava Fabio Esposito. nel corso della sparatoria è rimasto ferito anche il padre Giuseppe. L’uomo si trova in gravi condizioni in ospedale.  Secondo una prima ricostruzione dei Carabinieri i due erano all’ interno dell’ officina quando sono arrivati i sicari che hanno aperto il fuoco.

Quarto, banda del buco in azione: rapina alle poste. Bottino 20mila euro

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E’ di 20 mila euro, secondo le prime stime, la rapina che la banda del buco ha portato a compimento nell’ufficio centrale delle Poste di Quarto. Ad agire in due. Durante la chiusura dell’ufficio, i due con cappucci e pistola sono penetrati all’interno degli uffici di via Salvo d’Acquisto facendo cadere l’ultimo diaframma di divisione tra la sede postale ed una palazzina confinante. Hanno colto di sorpresa i pochi dipendenti presenti ed in breve hanno razziato i soldi dalle casse e quelli che dovevano essere sistemati nel bancomat, utilizzando poi per la fuga la stessa via fatta per entrare. L’allarme è stato fatto scattare da un utente del bancomat che, notata una certa concitazione all’interno, ha avvertito i carabinieri della tenenza che si trova a meno di cento metri dal luogo della rapina. I militari, una volta sul posto, hanno potuto avviare solo le indagini. I ladri si erano già dileguati. Nella tenenza sono stati ascoltati i dipendenti presenti al fatto ed i residenti del condominio.


A Bacoli riapre dopo 13 anni il sito archeologico

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Dopo tredici anni, riapre al pubblico il sito archeologico di Cento Camerelle nel centro storico di Bacoli.Lo ha annunciato il sindaco, Josi Gerardo Della Ragione, che ha siglato un’intesa con la Sovrintendenza archeologica della Campania ed il Mibact, che prevede la riapertura oltre di Cento Camerelle, anche della Tomba di Agrippina e dell’Anfiteatro Cumano. Tesori di grande testimonianza storica della presenza romana in terra flegrea ma negati ai visitatori per la mancanza di personale. In virtù dell’intesa raggiunta il comune metterà a disposizione della Sovrintendenza sei lavoratori, due dipendenti e 4 Lsu, che supporteranno i dipendenti del ministero per consentire l’apertura di un giorno a settimana dei tre siti. Nel protocollo è stato previsto anche di aprire al pubblico il suggestivo ingresso delle Terme Romane di Baia da piazza De Gasperi, interdetto praticamente dall’inaugurazione, avvenuta oltre cinque fa. Dall’8 maggio si comincia dalle 9,30 alle 13,30 con il complesso di ‘Centum Cellae’ una serie di cisterne della villa di Ortensio, in seguito appartenuta a Nerone e Vespasiano, dove resiste ancora un esempio di intonaco idraulico ‘opus coementicium’ ricoperto di cocciopesto.

NapolI: muore d’infarto in barca il titolare de “Il Pontile”

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Il titolare di un’ impresa di noleggio di imbarcazioni, Ciro Muro, 56 anni, è morto a Mergellina dopo essere stato colto da un malore. Secondo una prima ricostruzione della Polizia. Muro, che era titolare dell’ impresa di noleggio imbarcazioni “Il Pontile”, era a bordo di un’ imbarcazione insieme ad un figlio e si accingeva a recarsi a pesca nelle acque di Mergellina, quando è stato colto da un malore. Sul posto è stata fatta giungere un’ ambulanza del 118. I medici hanno però potuto solo constatare la morte del 56 enne, per arresto cardiocircolatorio determinato da un infarto.

Castellammare: figuraccia Funivia, non sono state eliminate le barriere architettoniche e i disabili non possono usufruirne

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La funivia che dal centro di Castellammare porta sul Faito è stata inaugurata da tre giorni e già sono scoppiate le polemiche. Motivo? Semplice:  Chi ha pensato alle passerelle politiche si è dimenticato dei disabili. Infatti ne il buon De Luca ne il solerte presidente dell’Eav, Umberto De Gregorio, hanno pensato di eliminare le barriere architettoniche sia in partenza da Castellammare (come mostra la foto) sia in arrivo al Faito. E quindi i disabili non potranno usufruirne, se non con sforzi immani degli accompagnatori che dovrebbero salire decine di scale con le carrozzelle. Altro che buon inizio. E’ veramente una figuraccia. E le associazione dei disabili già promettono battaglia.

Alberto Ferretti

Sparatoria a Marano: è morto anche il padre di Filippo Esposito

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E’ morto anche Giuseppe Esposito, 57 anni, l’uomo che era  ricoverato in gravi condizioni all’ ospedale di Giugliano. Secondo quanto riferiscono alcuni residenti l’ uomo, titolare di una grande officina a Marano avrebbe tentato di proteggere il figlio dai sicari mettendosi davanti. Filippo Esposito, 30 anni, aveva un precedente penale per rapina. Nessun precedente risulta a carico del padre. L’ officina, per il montaggio di impianti elettrici, condizionatori e riparazioni auto, si trova in un locale interrato di un palazzo di quattro piani in una zona popolosa di Marano.Al momento dell’ agguato, tuttavia, il vicino mercato ortofrutticolo, aveva già chiuso. 

Marano: il duplice omicidio degli Esposito su ordine dei Vastarella

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Una vendetta trasversale organizzata dai Vastarella del rione Sanita’, probabilmente in risposta al duplice omicidio del circolo di Maria Santissima dell’Arco in via Fontanelle il 22 aprile del 2016, dove sono stati uccisi Giuseppe Vastarella e il cognato e altri tre invece sono rimasti feriti. Questa la chiave che gli investigatori stanno seguendo per il duplice omicidio avvenuto a Marano, comune a Nord di Napoli, in un’autofficina in via Unione Sovietica. Un solo killer ha esploso colpi di pistola contro Filippo Esposito, conosciuto con il nome di Fabio, 30 anni, precedenti per rapina. Il padre, Giuseppe, 57 anni, incensurato, ha fatto scudo ai colpi del sicario che ha fatto fuoco probabilmente con una pistola a tamburo perche’ a terra non sono stati trovati bossoli. Filippo era il cugino di Antonio Genidoni, pregiudicato ed ex esponente del clan Misso che e’ il figliastro di Pietro Esposito, detto ‘Pierino’, ucciso al rione Sanita’ a novembre del 2015. Per gli investigatori mandanti e sicarii arrivano proprio dal centro di Napoli ed avrebbero organizzato una vendetta scegliendo due persone che erano quasi del tutto estranee a contesti di camorra, eccetto che per la parentela. Al momento non si esclude che il movente del duplice omicidio sia riconducibile a una vendetta trasversale. Comunque, per ora, tutte le ipotesi rimangono in piedi. Per quanto riguarda la dinamica dell’accaduto, sembra che a entrare in azione siano state due persone, giunte in sella a uno scooter. Uno dei due è entrato nell’officina ed ha sparato più volte – molto probabilmente con un revolver visto che non sono stati trovati bossoli a terra – uccidendo Filippo e ferendo mortalmente Giuseppe, deceduto poco dopo il suo arrivo nell’ospedale di Giugliano in Campania.

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